Siamo in Coppa Italia di Promozione, il Centro Storico Lebowski gioca in trasferta contro l’Antella. Il risultato finale, dopo i supplementari, è di 1-0 per i padroni di casa. L’attenzione si sposta, però, sugli spalti. I tifosi ospiti hanno occupato tutta la tribuna riservatagli e sono uno spettacolo.
La piccola realtà grigio nera di Firenze viaggia in settima posizione in campionato, con 9 vittorie, 9 sconfitte e 8 pareggi. Il progetto nato nel 2010 continua a vivere, con tanti sogni ancora da realizzare. Il motto del club è ‘Il calcio è passione popolare’. Un valore imprescindibile che la società porta avanti prima ancora dei risultati sul terreno di gioco.
Ecco il comunicato del Centro Storico Lebowski dopo la gara in trasferta di mercoledì 10 aprile, a cui sono accorsi tantissimi tifosi nonostante la gara infrasettimanale: “Il Centro Storico Lebowski è stato fondato nel 2010 seguendo una visione: creare una squadra di calcio che fosse una proprietà collettiva, per vedere come sarebbe andata. Questa idea ha naturalmente un valore politico. Crediamo che l’essere umano compia se stesso nell’amicizia, nella cooperazione, nell’entusiasmo e negli sforzi condivisi. E crediamo che la proprietà privata e il furto del tempo e dei frutti del proprio lavoro lo mortifichi”.
“Ma questa volontà ha anche dei significati economici e di gestione sportiva. Non siamo nati solo in un calcio dove le curve venivano represse come luoghi di socialità e di libertà, ma anche in un calcio dove il culto del risultato e l’ignoranza dei profondi valori sociali dello sport hanno prodotto debiti e fallimenti in ogni categoria, dalla Serie A alla Terza Categoria. Quando una squadra fallisce e scompare, non si perde solo un’identità e dei simboli magici, ma si impoverisce un intero territorio, che perde un patrimonio educativo e spazi per lo sport che sono fondamentali per tutta la comunità. Per questa ragione, da sempre, il principio gestionale su cui si fonda il Centro Storico Lebowski è che le possibilità del progetto sportivo dipendono dalla qualità del radicamento sul territorio”.
“Ossia, dal valore sociale che la comunità riconosce alla squadra e che rende indietro in termini di supporto di partecipazione e di autofinanziamento. In questo modo, il club è indipendente dai capricci del ricco presidente di turno e delle ingerenze degli sponsor. Può pianificare il presente e il futuro. Tanti anni fa scrivemmo una cosa semplice: è quanto lo stadio è pieno a poter dire a quali ambizioni una squadra può ambire. Con lo stadio vuoto, devi giocare in Terza Categoria, non nelle serie maggiori, perché è brutto. C’è un numero giusto per ogni categoria. Perché il calcio è passione popolare. Non puoi giocare in Serie D, o in Serie C, o addirittura in B e in A, se non riesci nemmeno a riempire la metà del tuo stadio. Ieri notte, sesta categoria italiana, questo era lo scenario. Abbiamo fottutamente perso al 116esimo, non siamo contenti, ma rispetto alle premesse stiamo facendo abbastanza un buon lavoro”.