Quarant’anni e non sentirli, quarantuno il prossimo 14 marzo. Cristian Bertani non vuole smettere di giocare. Come dargli torto, è lo sport più bello del mondo. Di ruolo attaccante, ma non il classico marcantonio, alto due metri e abile nel gioco aereo, bensì un rapido centravanti che ha fatto di velocità, tecnica e imprevedibilità le sue armi migliori nel corso della sua lunga carriera.
Carriera che ha inizio nella sua San Giorgio su Legnano, per poi poi spostarsi qualche chilometro più in là per vestire la maglia del Como. Nel 1998-99 esordisce in Serie C con la prima squadra, e in due anni riesce subito a farsi notare. Su di lui c’è il Venezia che all’epoca militava in Serie B. Non fu un’avventura molto fortunata, tant’è che dopo sole tre partite venne ceduto in prestito in C al Savoia. Ritornato a Venezia, viene girato ancora in prestito, questa volta alla Carrarese dove trova più continuità segnando anche 4 gol. Altro giro, altro prestito, perché si vola in Sudtirol, e anche lì fece piuttosto bene. Nel 2003-04 ecco il ritorno a Como in B, ma anche quella sarà una sistemazione momentanea visto che nelle stagioni successive andrà prima a Varese e poi a Grosseto.
La scintilla che provocò l’exploit di Bertani furono le stagioni con l’Ivrea. Lì, in quattro anni, realizza 39 gol in 83 presenze, diventando anche capocannoniere della Serie C2 con 23 reti, attirando a sé le attenzioni del Novara che lo acquista prontamente nel mercato estivo del 2008. In due anni gioca 62 partite segnando 21 gol, contribuendo alla promozione in Serie B nella stagione 2009-2010 e, nel campionato successivo, allo storico ritorno in Serie A dei piemontesi dopo 55 anni grazie anche ai suoi 17 gol.
Dopo gli anni d’oro di Novara, ecco la chiamata della Sampdoria fresca di retrocessione in Serie B. Era una squadra pazzesca per quel campionato e lo stesso Bertani ha raccontato meglio quella sua esperienza, dato che l’ha vissuta in prima persona.
Chi nasce con questa passione è consapevole che basta un pallone e uno spazio vuoto per essere felici. Peccato che però dopo un pò bisogna rientrare a casa. “La passione per il calcio ti viene da dentro, già da piccolo. Ricordo che già a 4-5 anni non avevo nessun gioco, ma stavo sempre in cortile con mille palloni a calciare contro il muro, e quando si poteva ci ritrovavamo o all’Oratorio o al parco e iniziavamo a giocare alle due del pomeriggio dopo la scuola fino a quando non diventava buio o arrivavano i giocatori a chiamarci. Io ero sempre il primo ad arrivare e l’ultimo ad andare via“.
A Novara ha lasciato il segno, ancora oggi i tifosi, se pronunci il nome “Bertani”, si riallacciano inevitabilmente a quella squadra che riuscì ad ottenere la doppia promozione dalla B alla A nel giro di pochissimo tempo. Non l’ha vissuta sul campo quella vittoria contro l’Inter, ma era comunque presente. “L’esperienza a Novara è quella dove ho raggiunto i migliori obiettivi sia a livello personale che a livello di squadra vincendo due campionati di fila, quello della C1 e della B che ci ha permesso di ritornare in Serie A dopo 55 anni. È stata una cavalcata storica che ho condiviso con tanti giocatori, oltre ai vari Rigoni e Gonzalez. C’erano tanti altri calciatori che sono stati importanti. Nell’anno della Serie A, io sono rimasto in B con la Samp, però quel Novara-Inter 3-1 lo ricordo molto bene perché ero allo stadio a vedere la partita e mi ricordo la vittoria che è stata l’apice di quella stagione che poi, purtroppo, è culminata con la retrocessione in Serie B”.
Dopo gli anni brillanti di Novara, ecco la chiamata della vita, la Sampdoria. All’epoca i blucerchiati militavano in Serie B, ma era solamente una categoria provvisoria vista la qualità di quella squadra. “Prestigiosamente è stata la mia esperienza più importante. Un anno che è culminato anche lì con la vittoria del campionato. Ricordo uno stadio fantastico e a una tifoseria calorosa che si fa fatica a qualificare perché è qualcosa di veramente straordinario. Ricordo in B partite con 25-28 mila spettatori, ma anche 20 mila abbonati. Era veramente una piazza che meritava di risalire subito in Serie A, e fortunatamente è stato così. Palombo e Gastaldello erano due figure storiche di quella società, ma non dimentichiamoci che lì c’era gente come Romero e Mustafi che l’anno dopo si sono ritrovati in finale al Mondiale per giocare Germania-Argentina. Era una squadra che aveva poco e nulla da confrontarsi con tutte le altre del campionato. In quella stagione c’è stato anche l’esordio di Mauro Icardi in Italia. Fece due presenze e segnò subito un gol. A 17 anni si vedeva già il suo grande valore e capacità di andare in gol”.
La figura di Tesser è stata sicuramente importante per la crescita di Bertani, ma l’attaccante ci tiene a ricordare anche altri profili che nel corso della sua carriera hanno contribuito alla sua crescita. “Tesser è stato un allenatore molto scrupoloso su tutte le fasi di gioco. Era uno che preparava molto bene la partita, studiava gli avversari, ci faceva giocare bene, e soprattutto ha avuto il gran merito di far rendere ogni giocatore che aveva a disposizione al massimo. Solo così siamo riusciti siamo riusciti a fare quello che abbiamo fatto. Però ho avuto la fortuna di lavorare in carriera anche con tanti altri allenatori, su tutti Prandelli quando ero a Venezia in Serie B, e anche Sannino. Nonostante fossimo in C si vedeva che aveva una marcia in più”.
Dopo una lunga carriera vissuta nei campi di quasi tutte le categorie, Bertani ha scelto di ripartire dall’Eccellenza per vestire la maglia dell’Ardor Lazzate, club lombardo in provincia di Monza Brianza. “Ad oggi purtroppo, nonostante sia più di un mese che sono lì ad allenarmi, posso dire ben poco perché non abbiamo fatto una partita di campionato per via del Covid. Le sensazioni sono buone, e finalmente domenica inizieremo a giocare. Non vediamo l’ora, anche perché mi ero un pò stufato di allenarmi senza poi scendere in campo la domenica e giocare il campionato“.
I gol di Cristian Bertani sono numerosi, ma ognuno di loro ha un proprio valore e soprattutto pesantezza. Per lui sono quelli realizzati nei Play Off quelli più indelebili. “E’ facile da dire che i miei gol più belli e significativi sono legati a quando ho vinto i campionati. Ho vinto il Play Off a Ivrea facendo 3 gol su 3, tra i quali il rigore decisivo in finale ai supplementari. Quello è un gol che a livello di importanza ricordo con piacere, perché mi ha permesso di vincere il campionato. Anche a Novara ho vinto i Play Off facendo gol, è stato così anche a Sesto. Diciamo che i gol che ricordo di più sono quelli legati ai Play Off, ma se devo sceglierne uno dell’anno della B a Novara dico che il più bello è stato il 3-0 in casa contro il Vicenza”.
A cura di Gerardo Guariglia