Di solito la dicitura corretta é “di padre in figlio”, ma quando si parla di calcio, in particolare del cognome Margiotta, è inevitabile modificare tale dicitura. “Da nonno a nipote”. E’ questa la storia di Vincenzo Margiotta, nipote dell’altro storico attaccante che negli Anni ’50 ha regalato gioie e valanghe di gol alla Salernitana. Lo score parla di 60 presenze e 49 sigilli, ma potrebbero essere stati anche di più. Nel campionato di Serie A 1947-1948, Margiotta raggiunse il culmine della sua carriera calcistica; in quell’anno, i granata si confrontarono con il Grande Torino non riuscendo tuttavia a raggiungere la salvezza dopo aver vinto tredici gare, tra le quali Salernitana-Inter (1-0) e Salernitana-Milan (4-3).
Ancora oggi resta indelebile il suo ricordo nel calcio campano, e a proseguire la tradizione di centravanti in famiglia ci ha pensato proprio suo nipote Vincenzo, oggi in forza all’Agropoli (Eccellenza) e desideroso di riportare la squadra della sua città in Serie D. La sua storia, e quella della sua famiglia, è indissolubilmente legata a quella dei delfini. Un binomio spesso vincente che ha portato Agropoli nel calcio che conta. Ben 261 reti tra Eccellenza e Serie D. Cinque campionati di Eccellenza vinti con le maglie di Agropoli (due volte), Fortis Altamura, Ebolitana e Polisportiva Santa Maria, più due Coppa Italia con Fortis Altamura e Pianella.
“Il bilancio finora è stato positivo – ha dichiarato l’attaccante -. Siamo una squadra forte come lo sono anche le altre, ma con caratteristiche differenti. Non posso trarre un bilancio prima della fine del girone, ma il percorso è stato molto positivo”.
“Tutte le sfide che ho accettato sono state tutte importanti. Dove ho vinto l’atmosfera è diversa, si sa, perché si crea inevitabilmente un legame particolare con ambiente e tifoseria. Il primo anno in Serie D con l’Agropoli è stato il punto dove avrei potuto fare di più, ma purtroppo un lungo infortunio mi ha tenuto lontano dai campi di gioco”.
“Ho fatto precisamente 261 gol complessivi, ma ne voglio citare due in particolare. Quelli fatti in occasione di Agropoli-Virtus Cilento e Sicula Leonzio-Real Metapontino. Lì sono stati sigilli di pregevole fattura!”
“Per arrivare a 40 anni suonati come me credo che si debba avere tanta passione e amore per quello che si fa. Solo così si possono fare dei sacrifici sul tenore di vita che conduci. Devi riposare, curare bene l’alimentazione, ma soprattutto devi allenarti più degli altri”.
“Ho sempre pensato che raggiungere un obiettivo di squadra sia più gratificante di uno personale. Di conseguenza spero di riportare l’Agropoli dove merita, ossia in Serie D”.
“Purtroppo tutti gli anni si sentono squadre che falliscono o che devono ripartire da campionati meno consoni al proprio blasone. E’ una domanda spinosa, ma credo che ci voglia programmazione, poche spese folli e poi come ultima cosa, ma non meno importante, ci vogliono persone competenti che hanno masticato e vissuto calcio”.
“Mio nonno era un uomo come pochi. Mi piace ricordarlo non per le sue gesta perché quelle le conoscono tutti e vengono raccontate anche dai libri, ma non dimenticherò mai le lunghe passeggiate mano nella mano nel centro di Agropoli mangiando i famosi arancini. Ricordi stupendi e indelebili per me”.
“Siamo due attaccanti diversi, ma molto simili perché entrambi siamo dei numeri nove aticipi. Sarebbe stata una grandissima coppia sicuramente, di purissimo sangue saraceno!”