Dal provino “per caso” ai 200 gol in carriera, Gambino: “Ritiro? No, punto ai 250”
Giuseppe Gambino oggi gioca in Eccellenza siciliana, alla Pro Favara, ma in passato è stato un bomber da oltre 120 gol in Serie D e quasi 50 in Serie C. 37 anni, più di 20 anni di carriera, ben 28 squadre cambiate tra giovanili e prima squadra, ma soprattutto quota 200 gol raggiunta più di un mese fa, nel derby agrigentino tra Akragas – sua ex squadra – e Canicattì.
Eppure, a 15 anni, Gambino giocava a calcio solo per strada con gli amici: il suo sport a livello agonistico era la pallavolo. Noi lo abbiamo rintracciato e lui si è raccontato a 360 gradi: dal provino nato per puro caso, alle giovanili di Fiorenzuola e Sampdoria, per poi girare tutta l’Italia tra Serie C e Serie D.
Il provino casuale e la firma con il Fiorenzuola
Già da piccolo si era reso conto che il calcio potesse essere la sua strada, ma un paio di provini farlocchi, l’assenza di scuole calcio di qualità, avevano fatto definitivamente stancare Giuseppe Gambino già da giovane, tant’è che lui smette di giocare. “Non avevo più voglia. Avevo fatto un po’ di provini, ma tutti abbastanza inutili. Quindi decisi di smettere e di iniziare a giocare a pallavolo”. Poi un giorno, un amico gli propone un provino ad Aragona, vicino casa, e Gambino accetta, ma “giusto per passare un’oretta nel pomeriggio”. In quella partita lui scherza, gioca come con gli amici, ma si vede che ha qualcosa in più degli altri. “A fine primo tempo venne da me un signore che, dall’accento, si capiva fosse del nord: era venuto giù per visionarci e mi chiese di impegnarmi un po’ nel secondo tempo, perché con il mio fisico dovevo fare la differenza”.
E Gambino effettivamente si impegna nel secondo tempo, realizza un paio di gol e a fine partita arriva l’occasione che aveva sempre desiderato. “Da lì inizio tutto: dopo quel provino mi acquistò il Fiorenzuola, che ai tempi militava in C2”, dichiara Gambino. “La prima squadra era in Serie C, ma il loro settore giovanile era da Serie A, grazie a Paolo Spinelli che gestiva tutto alla grande. Abitavamo in 25 in un casolare con sala studio, sala video, qualsiasi comfort: era davvero una bellissima realtà. Qui ho fatto tre anni: al terzo ho anche esordito in C a 16 anni”.
L’arrivo alla Sampdoria e l’esperienza in prima squadra
Quel Fiorenzuola fa bene nel rispettivo campionato di categoria, tant’è che alla fine del terzo anno, in undici si accasano in società blasonate: sei alla Sampdoria, cinque al Milan. “Qui arrivò il primo piccolo rammarico della mia carriera: il sabato firmai con la Samp e l’indomani – all’esordio – feci doppietta proprio contro il Milan”, afferma Gambino. “A fine partita, inaspettatamente, mi si avvicinò Baresi che mi chiese come mai il direttore sportivo non avesse fatto anche il mio nome per il Milan: mi voleva in rossonero. Io però avevo già firmato alla Sampdoria ed ero felice: per un ragazzo che arriva da un piccolo centro come Raffadali, giocare per la Sampdoria era un sogno”.
In blucerchiato si mette in evidenza nella formazione Primavera, al punto da attirare anche l’attenzione dell’allenatore della prima squadra, ai tempi Gianfranco Bellotto. “Mi volle da subito ad allenarmi in prima squadra, gli piacevo parecchio e un giorno disse al presidente Mantovani che sarei diventato il nuovo Bobo Vieri. Spesso mi portava anche in panchina, ma non ho mai avuto l’opportunità di esordire.”, spiega Gambino. “Qualcuno di quella Samp poi arrivato in alto? Solo Giuseppe Scurto, che si trasferì presto alla Roma, con cui esordì anche in Champions League. Poi si ritirò presto per alcuni problemi fisici, ma ha intrapreso la carriera da allenatore e adesso allena l’U18 giallorossa. È un ragazzo sveglio, intelligente e competente: sono sicuro che farà strada anche in panchina”.
L’inizio “tra i grandi”: 17 anni tra Serie C e D
Dopo l’esperienza biennale alla Sampdoria, Giuseppe Gambino decide di ripartire dalla Serie D, campionato molto formativo per i giovani. “Sono tornato in Sicilia nel 2002, alla Pro Favara in Serie D. Era la mia prima esperienza in prima squadra: la ricordo con grande piacere, perché feci sei gol e la squadra si salvò”. Terminata l’avventura favarese, Gambino inizia a girare praticamente tutta Italia, giocando in tantissime squadre, spesso anche più di una all’anno. “Ho girato tantissime squadre, alcune volte anche tre all’anno. Non per un motivo specifico, ma perché non ero maturo. Quando non giocavo mi allenavo male, pensavo sempre di meritare il posto”, afferma Gambino. “La realtà però è diversa: il posto bisogna guadagnarselo. Ero ragazzino e spesso trasgredivo anche le regole: poi ovviamente la pagavo”.
Fa i primi anni in D, ma poi comincia a farsi conoscere anche in Serie C, dove però lui spiega: “l’attaccante deve sentirsi importante nella squadra. Io in C partivo quasi sempre dietro a gente che aveva giocato in A o in B, di conseguenza non ho mai avuto continuità in termini realizzativi”, spiega Gambino. “In D, invece, era l’esatto opposto: mi sentivo al centro della squadra, godevo di una certa fama e riuscivo quasi sempre a fare almeno 20 gol stagionali”.
Di squadre ne ha girate tante, da nord a sud, ma qualcuna gli è rimasta nel cuore. “Io mi sono trovato benissimo in tante città: Brindisi, Monopoli e Teramo per citarne tre, ma a Cosenza sono stato bene a 360 gradi. Ho vissuto anche la città e la gente che ci vive: avevo tanti amici oltre il contesto calcistico e questo mi ha fatto sentire a casa”.
L’arrivo ad Agrigento e i 200 gol in carriera
Dopo aver girato l’Italia, aver esclusivamente calcato campi di Serie C e Serie D, nel 2019 fa una scelta di cuore e firma con l’Akragas, in Eccellenza. Qui realizza 18 gol il primo anno, 13 il secondo e 3 nell’attuale campionato: l’ultimo realizzato, quello contro il Canicattì, gli vale la marcatura numero 200 in campionato. E occhio a non sbagliare: “200 gol in campionato sì, non in carriera. Quelli in Coppa Italia non li ho mai contati”.
Di gol bellissimi ne ha segnati tanti, di gol pesanti altrettanti, ma – dei 200 – Gambino ne ricorda qualcuno con particolare piacere. “Per ordine d’importanza, scelgo senza dubbio quello in rovesciata in Foggia-Monopoli, nel 2015/16″, afferma Gambino. “Stavamo vincendo 0-1 in casa del Foggia di De Zerbi, che non perdeva tra le mura amiche da due anni. Loro cercavano il pareggio, così – su una ripartenza – mi arriva un cross dalla destra e non ci ho pensato un attimo: rovesciata e palla all’angolino per chiudere il match”. Ci tiene però anche a ricordarne un altro, sia per un fattore estetico, che affettivo. “In Coppa Italia contro il Pro Favara, con la maglia dell’Akragas. Anche quello – tanto per cambiare (ride, ndr) – in rovesciata. Lo ricordo con piacere perché c’erano tanti amici e parenti a guardarmi”.
Il ritorno a Favara dopo 20 anni
Poi, quest’anno, accade ciò che Gambino non voleva accadesse: l’addio all’Akragas. “Io non avrei mai cambiato squadra, perché volevo chiudere la carriera all’Akragas – magari vincendo un campionato – ma quando si manca di rispetto alla persona prima che al calciatore, non va più bene. Così a dicembre ho deciso di non continuare più: il giorno che mi sono svincolato dall’Akragas mi hanno chiamato da tutta la Sicilia”, spiega l’attaccante agrigentino. “Alla fine però ho accettato la proposta della Pro Favara: ho una bimba, non voglio più allontanarmi da casa e poi il presidente e la società mi hanno da subito fatto sentire importante. Spero di ripagare sia loro che i tifosi a suon di gol”.
A Favara per lui si tratta di un ritorno, a distanza di 20 anni. “Oggi sono un Gambino con più esperienza, non più ragazzino. Arriva una persona e un calciatore totalmente diverso, ma con una cosa in comune: la fame e la voglia di far bene. Quella è tale e quale a 20 anni fa”.
Il ritiro, il rammarico più grande e altre curiosità
37 anni compiuti, ad aprile saranno 38, ma la parola “ritiro” non l’ha ancora nemmeno pensata. “Se penso a ritirarmi? No, vedo ancora lontano quel momento. Mi sento bene fisicamente, ho voglia di giocare e penso di poter dare ancora tanto, sia in campo che fuori”, afferma l’attaccante della Pro Favara. “Il mio obiettivo è arrivare a 250 gol in campionato, figurati se penso già a cosa farò dopo il calcio”.
In conclusione dell’intervista, ci rivela alcune curiosità e retroscena, in primis uno dei pochi rimorsi della sua carriera. “Nel 2017 ero a Fondi e l’anno dopo dovevamo trasferirci tutti alla Ternana perché il presidente aveva rilevato la società. Non rientravo nei piani, ero già grande e davanti avevo gente come Montalto e Albadoro, così il direttore mi propose di spalmare l’ingaggio di un anno in due e di andare in prestito in C”, spiega Gambino. “Io pensai di rimanere: chissà, essendoci solo due attaccanti di ruolo, mi avrebbero proposto di restare dopo il ritiro. Il mio procuratore però mi convinse ad andare a Cerignola in D, ma non dovevo farlo. Dovevo giocarmi le mie carte”.
Nel tempo libero – come molti – ama giocare a Padel (“ho anche aperto un centro a Raffadali”), ma in futuro vorrebbe allenare in un settore giovanile. “Non una prima squadra, lì farei volentieri l’allenatore in seconda”. A questo ci penserà tra qualche anno. Oggi, però, il focus è esclusivamente sulla Pro Favara e sui prossimi gol che farà, perché – come ripete più volte – “fin quando mi suderanno le mani, continuerò a giocare”, sperando che i tifosi continuino a cantare a lungo un coro che gli hanno spesso dedicato: “E se tira Gambino, e se tira Gambino, e se tira Gambino… È gol!”
A cura di Domenico Cannizzaro