“Dal San Giacomo al Paris-Saint Germain è un attimo“. Questa la frase che si legge in un posto dell’ASD San Giacomo ad accompagnare l’intervista di presentazione di Cher Ndour come nuovo giocatore del PSG. In effetti, per il classe 2004, è stato davvero un attimo. Ma un attimo inseguito, voluto e finalmente ottenuto. Il centrocampista, fresco campione d’Europa U19 con l’Italia, ha raccontato i suoi inizi all’oratorio in un’intervista a Repubblica.
Ragazzo classe 2004, cresciuto nel bresciano da padre italiano e madre senegalese, Cher Ndour comincia a mettere in mostra le sue abilità col pallone all’Oratorio San Giacomo: “Giocavo e mi allenavo con i ragazzi più grandi, indossavo una maglia di Krasic comprata al mercatino. Sono juventino ma non era il mio idolo, probabilmente al mercatino c’era solo quella“, racconta a Repubblica.
Cher mette in mostra subito quelle che sono le sue qualità. Cresce, gioca e si diverte, com’è giusto che sia in un contesto di oratorio. Il grande salto però non tarderà ad arrivare. Prima il Brescia, quando era ancora un bambino. Poi, ad 11 anni, il passaggio all’Atalanta, di cui ricorda degli aneddoti non proprio felicissimi: “Quando c’era qualche compagno bravo, in tribuna dicevano “bravo il numero 7, bravo il numero 10”. Quando invece volevano fare un complimento a me non dicevano “bravo l’8”. Dicevano “bravo il neretto”. A me non pesava, mia madre era infastidita. Ma era solo ignoranza“.
Adesso però Ndour è un giocatore pronto che ha fatto le fortune del Benfica, con cui vincerà una Youth League e della nazionale giovanile italiana. Ora spera di replicare i successi ottenuti in campo giovanile anche tra i grandi. Il PSG sarà il suo primo vero banco di prova. Mica male. Intanto, dopo la vittoria con l’Italia U19, Roberto Mancini lo terrà d’occhio: “Lo spero, ma tra le giovanili e la prima squadra c’è differenza“. Intanto lui continua a lavorare e a sognare sperando che fra un altro attimo sia già il momento di festeggiare il primo gol al Parco Dei Principi o l’esordio con la Nazionale maggiore. Sempre però ricordandosi di quei primi calci dati all’Oratorio San Giacomo.