“I sogni son desideri” cantava Maria Cristina Brancucci e i desideri di Andrea Dossena son diventati tutti realtà. Tutto è partito dalle giovanili del Fanfulla; lì, in Lombardia, muove i primi passi per realizzare il suo sogno e le sue doti non passano di certo inosservate verso gli occhi di platee più blasonate, in primis l’Hellas Verona. I veneti, infatti, lo acquisteranno e lo faranno esordire in Serie A nel 2001-2002, stagione che però vide retrocedere i Butei nel campionato cadetto.
Nelle altre stagioni con i veronesi registra un elevato indice di titolarità nonostante i numerosi cambi in panchina che videro allenatori come Alberto Malesani, Sandro Salvioni, Sergio Maddè e Massimo Ficcadenti.
Nel 2005 arriva il passaggio alla neopromossa Treviso, ritrovatosi in Serie A a seguito della revoca della promozione del Genoa per illeciti sportivi e del Torino per fallimento. Giocherà numerose gare da titolare, ma il suo apporto non basterà perché la squadra retrocederà in B. A fine stagione, Verona e Treviso risolvono anticipatamente l’accordo di comproprietà e il calciatore passa a titolo definitivo al club biancoceleste.
Nel 2006 arriva la chiamata dell’Udinese, un trasferimento molto importante per la carriera di Dossena visto che a Udine, come ci racconterà nell’intervista, ha vissuto momenti di grande crescita, talmente alti da attirare a sé le attenzioni di un club come il Liverpool dove ci resterà per tre anni, giocherà con discreta continuità sotto l’ala protettiva di Anfield e, cosa non da poco, realizzerà gol pesanti e di prestigio contro Manchester United in Premier League e Real Madrid in Champions League.
Dopo l’Inghilterra, ecco il ritorno in Italia, precisamente a Napoli. Qui porterà a casa il suo primo trofeo in carriera, ossia la Coppa Italia, subentrando all’85’ al posto di Marek Hamsik.
Poi l’esperienza poco fortunata (non per demeriti suoi) al Palermo e il ritorno in Inghilterra dove vestirà le maglie di Sunderland prima e Leyton Orient poi, società che all’epoca militava nella terza serie inglese.
Concluse le sue ultime esperienze al di là dal canale della Manica, Dossena, rimasto svincolato, firmerà con il Chiasso e al termine della stagione, sempre da svincolato, giocherà in Serie C con la maglia del Piacenza dove segnerà anche un gol e chiuderà definitivamente la sua carriera da calciatore, coronando, come detto all’inizio, praticamente tutti i suoi sogni, Nazionale Italiana compresa.
Dopo un paio di anni di pausa e studio, Dossena decide di dedicarsi al mondo dell’allenatore e lo fa cominciando ad allenare il Crema prima e, dopo tre anni passati nella sua Lombardia, il Ravenna in Serie D. Oggi, Andrea Dossena è l’allenatore del Renate in Serie C, club in piena zona playoff e lontano dai piani bassi della classifica.
Questa sera seguirà con grande attenzione l’andata degli ottavi di finale tra il suo Liverpool e il Real Madrid. Chissà, magari nella sua testa torneranno quelle immagini della sua esultanza sotto la Kop.
Le passioni si coltivano sin da bambini e, da grandi sognatori quali sono, il sogno di Dossena era proprio quello di diventare un calciatore: “Il calcio era la mia unica passione. Giocavo in cortile, in oratorio, per strada con gli amici da mattina a sera. Poi da lì a farlo diventare un vero e proprio lavoro ce ne vuole. E’ stato solo il tempo che l’ha stabilito. Tu devi metterci sempre la stessa voglia ed entusiasmo, poi madre natura in base alle doti che ti regala puoi eventualmente farlo diventare un lavoro. Però finché non ho fatto l’esordio in prima squadra in Serie A l’avevo sempre visto come un divertimento e un sogno.“
L’avventura di Dossena nel calcio professionistico parte dall’Hellas Verona. Qui assapora sia la gioia dell’esordio in Serie A e sia l’amarezza della retrocessione. E’ stata una lunga esperienza durata dal 2001 al 2005: “Si parte da Verona con l’esordio nel primo derby in A tra Hellas e Chievo vinto per 3-2. Bellissimi ricordi, perché comunque arrivo a Verona che sono un bambino di 15 anni e me ne vado che sono un ragazzo di 24. Ho fatto tutta la trafila delle giovanili. Resta l’amarezza della retrocessione perché comunque eravamo una gran bella squadra allenata da Alberto Malesani. Adesso che alleno ho cercato di rubargli qualcosa per preparare le partite per come pensava. In quegli anni era uno all’avanguardia e certi suoi concetti sono ancora in vigore adesso. Questo ti fa capire che 20 anni nel calcio sono tantissimi”.
Dopo Verona si vola a Treviso, compagine arrivata in Serie A dopo la revoca della promozione del Genoa per illeciti sportivi e del Torino per fallimento: “L’anno di Treviso faccio molto bene in Serie B. C’era la possibilità di finire o alla Lazio o allo stesso Treviso, ma il Presidente però mi spinse ad andare in Veneto per il bene della società e decisi di andare lì. Per una società come il Treviso era troppo grande un palcoscenico come la Serie A, non era pronta e fecero parecchi errori“.
Dopo essersi messo in mostra a Treviso, ecco la chiamata dell’Udinese dove, grazie agli insegnamenti di diversi allenatori, riuscirà ad esplodere nel suo ruolo: “All’Udinese sono stati due anni fantastici. Mi trovavo benissimo. Prima con Galeone, Malesani e poi successivamente con Pasquale Marino, un altro allenatore che mi ha insegnato tanto nella mia carriera perché è uno che ha un gioco offensivo, uno che spinge sempre a dare il massimo”.
Dal Friuli ad Anfield, casa del Liverpool. Lì non assapora solo la Premier League, ma anche la Champions League dove realizzerà un gol contro il Real Madrid nella gara di ritorno degli ottavi di finale vinta 4-0.
Il primo gol in Premier, tra le altre cose, è stato segnato al Manchester United, acerrimi rivali proprio dei Reds: “Mi trovo catapultato da Udine a questa realtà così grande che è Liverpool all’età di 25 anni. Con gli anni successivi mi sono reso conto di dove sono andato a far parte. Non avevo capito la dimensione di questo club mondiale.
Sono stati due anni particolari. La prima volta fuori dall’Italia in un campionato fantastico, emozioni Champions e mi son tolto queste due soddisfazioni di far gol a Manchester United e Real Madrid. Diciamo che è stato un pò il culmine, anche perché da terzino sinistro non avevo molta affinità col gol. Mi son trovato queste due situazioni e le ho sfruttate. Bei momenti e bellissimi ricordi.“
Dopo circa tre anni passati in Inghilterra, Dossena torna in Italia per vestire la maglia del Napoli, club dove ritroverà anche un suo ex compagno di squadra ai tempi di Treviso, ossia Christian Maggio: “Da uno stadio caldissimo come Anfield, torno in Italia a Napoli in un altro stadio caldissimo. Ripartiamo dal post Maradona a vivere notti veramente belle come quelle di Champions, traguardi che per vent’anni per il Napoli sono stati accantonati. Il culmine per me a Napoli è stato quello di alzare la Coppa Italia. Come squadra avevamo capito che l’unico obiettivo era quello e l’abbiamo raggiunto. E’ stata una forte emozione”.
Dal mare di Napoli a quello di Palermo, ma purtroppo per Dossena, complice anche numerose questioni poco lucide, non fu una grande esperienza: “Successivamente accetto Palermo, anche se era una situazione molto pesante. L’ho fatto anche perché trovavo un allenatore che mi piaceva come Gasperini e quindi la scelta, anche se si trovava in una zona di classifica molto svantaggiosa, ho provato lo stesso ad azzardarla. E’ stata un’esperienza dalla quale era difficile venirne fuori, c’erano troppi problemi e quando in Serie A hai troppi problemi finisci sempre male.“
Si ritorna in terra inglese per vestire prima la maglia del Sunderland e poi quella del Leyton Orient: “Torno in Inghilterra perché a Leyton mi piaceva tanto quell’atmosfera. La Premier League è il campionato più bello al mondo. I migliori campioni sono lì, il miglior ritmo è lì, gli stadi e le tifoserie sono lì. Vendono questo prodotto in modo fantastico e quindi mi piaceva. Avevo vissuto tre anni in Inghilterra e non avevo mai vissuto a Londra. Vivere lì mi piaceva e ho scelto di giocare in Serie C col Leyton, una competizione totalmente opposta con la nostra Serie C. Anche quella è stata un’esperienza molto bella“
L’esordio arriva a 26 anni con Donadoni in panchina in una gara amichevole tra Italia e Sud Africa. Il risultato ha visto gli Azzurri vincere 2-0 anche grazie al suo assist per Cristiano Lucarelli.
Qualche anno dopo, Marcello Lippi lo convoca per la Confederations Cup del 2009 dove sigla, sfortunatamente, anche un autogol nella terza gara del girone contro il Brasile:
“La Nazionale è il sogno da bambino che si realizza. Vestire la maglia dell’Italia è qualcosa di speciale, ti senti più forte di tutti, di aver raggiunto l’olimpo. Ricordo bene il mio esordio di quando entro nel secondo tempo. Forse faccio la mia miglior prestazione con la Nazionale, poi ritorno l’anno dopo che viene mandato via Donadoni con il ritorno di Lippi.
Faccio un anno e mezzo, ma si vedeva una squadra in difficoltà. Avevamo qualche problema, forse portati dal post Mondiale e, non a caso, sia in Confedereations che al Mondiale in Sud Africa non siamo andati bene. Rimane amarezza di non aver fatto parte, però, di un biennio vincente.”
Appesi gli scarpini, Dossena ha deciso di fare l’allenatore. Prima tappa a Crema, poi a Ravenna, club con grandi ambizioni e desideroso di ritornare al più presto tra i professionisti: “Sapevo che se fossi rimasto nel mondo del calcio avrei fatto solo l’allenatore, perché è il campo la mia risposta senza filtri al mondo al di fuori.
Penso che l’allenatore a differenza di un direttore o procuratore non ha filtri, quello che produce lo rimette in campo in positivo o negativo.
La prima esperienza l’anno scorso col Crema è stata super positiva e anche quest’anno col Ravenna ci stiamo togliendo tante soddisfazioni. Stiamo facendo un percorso che ci trova nella zona alta di classifica, ci stiamo divertendo, stiamo facendo un bellissimo percorso e i ragazzi sono felici. Quello che mi gratifica di più è che si divertono a giocare e che esprimiamo un buon calcio.
Manca ancora tanto alla fine. Che vinca il migliore. Voglio che vinca la squadra che gioca meglio, che ha i numeri migliori, che è stata determinante. Poi se saremo noi saremo tutti felici, se vincerà il Rimini sarò il primo a stringere la mano perché io sono fatto così.“
I gol di Andrea Dossena in carriera non sono stati molti, però alcuni di questi sono e resteranno per sempre indelebili. Il gol alla Juventus, quello ad Anfield sotto la “Kop” e quello al Manchester United: “Ho fatto pochi gol, però diciamo che ho scelto le squadre giuste per farli. Sarà stato un caso, però non essendo stato un goleador sono solo state delle stelline che mi tengo sul petto e che ogni tanto con i pensieri vado a ricalcare quei bellissimi momenti vissuti“.
Intervista di Gerardo Guariglia