Qualche giorno fa, Angelo D’Angelo aveva annunciato attraverso i propri social il ritiro dal calcio giocato. Sotto il suo post, però, aveva lasciato qualche indizio riguardante il futuro con una mano che firma, un computer e qualche libro. Noi, visto il grande interesse e curiosità, abbiamo deciso di intervistarlo per farci spiegare quale sarà adesso la sua nuova strada.
Cosa gli ha lasciato il calcio? Qualche livido di sicuro, qualche battaglia persa, ma anche emozioni indelebili: “Tra le tante partite che ho giocato, senza considerare i derby con Salernitana o Benevento che hanno sempre un certo fascino, scelgo la partita di Coppa Italia contro la Juventus a Torino. Fu molto emozionante al di là del risultato finale”.
Niente allenatore, per adesso D’Angelo vorrebbe dedicarsi ai ragazzi: “Sto cercando di capire la mia dimensione. Per adesso escludo di voler allenare, ho studiato molto nella mia vita. Ho due lauree, due master licenza Uefa B per poterlo fare e da poco sono diventato anche direttore sportivo superando l’esame a Coverciano. Mi piacerebbe occuparmi di settore giovanile, ho ricevuto delle proposte ma non le ho ritenute soddisfacenti. Vedo tanti miei ex compagni che hanno da poco smesso ed hanno grande entusiasmo di voler allenare, quello che per adesso io non provo”.
Tra i tanti punti toccati da Angelo D’Angelo c’è la questione riguardante i giovani: “Il calcio giovanile in Italia è indietro, solo il 5% dei calciatori nelle categorie Primavera diventa un calciatore professionista. Mi piacerebbe che questi numeri cambiassero. C’è un lavoro molto importante da fare. Il giovane calciatore deve essere pronto non solo dal punto di vista tecnico, ma anche psicologico e ambientale. Insomma, non vulnerabile alle pressioni di media e tifosi. Questo è lo step più grosso che ad oggi fa fatica a superare.
Le differenze del nostro calcio rispetto agli altri paesi partono dal basso – ha proseguito D’Angelo -. La preparazione non è soltanto attraverso una formazione tecnica (come in Italia), ma all’estero curano anche l’aspetto formativo-culturale seguendoli nel loro percorso scolastico e comportamentale. Questo porta a creare campioni e calciatori pronti per grandi palcoscenici”.
Le seconde squadre favoriscono la crescita dei giovani? Secondo D’Angelo si, e coinvolgono anche altri aspetti: “L’inserimento delle seconde squadre in Italia è un passo molto importante. La Lega Pro per un giovane calciatore è una palestra verso il grande salto perché si confronterà con la passione dei tifosi e anche con la critica dei media. Penso anche che sia una gran cosa per le società perché sono sicuro che da qui a poco avremo tanti giovani che esordiranno in Serie A e B”.
A cura di Gerardo Guariglia