Classe ’75, giovanissimo, ma con tanta voglia di fare ed emergere nel grande calcio. Antonio Buscè, fresco di play-off con la Vibonese, in esclusiva ai nostri microfoni: dal suo passato con la maglia dell’Empoli alle esperienze con Bologna, Padova e Reggina. Il futuro? Sarà lui stesso a rivelarci che qualcosa potrebbe presto muoversi.
Antonio Buscè esordisce con la stagione appena conclusa sulla panchina della Vibonese: “Abbiamo fatto un grande percorso. Questa squadra è stata costruita in 25 giorni, avevamo un budget limitato, giocatori sconosciuti a tanti addetti ai lavori e qualcuno che magari era fuori dai radar da un paio d’anni. Io ero un esordiente e per tante situazioni credo che sia stata una stagione importante.
Trapani e Siracusa hanno avuto la possibilità di spendere di più rispetto alla Vibonese – ha proseguito Buscè -. Il Dio denaro fa la differenza spesso e volentieri, però credo che entrambe hanno avuto tra le mani la forza e il potere di avere un budget totalmente diverso rispetto alla Vibonese”.
Quale sarà il futuro di Buscè? Qualcosa già bolle in pentola: “Tante società mi hanno contatto, alcune in Lega Pro e in Serie D, ma voglio una soluzione giusta per me. Diventa fondamentale scegliere la società che ti faccia lavorare in maniera serena e che abbia un minimo di buon senso per fare calcio”.
Com’è nata l’intenzione di allenare? Da Malferrari a Gigi Cagni: “Da bambino ho avuto tanti allenatori e ho appreso un po’ da tutti. Da quando facevo la scuola calcio nelle squadre dilettantistiche a Napoli, fino ai campionati giovanili. Poi sono arrivato a Ravenna: il mio primo allenatore è stato Mirko Malferrari, poi Gigi Danova per passare poi ad allenatori che hanno avuto la forza per arrivare a grandi livelli.
Silvio Baldini ha avuto il coraggio di scommettere su uno che arrivava dalla Serie C1 e catapultarmi in Serie A. Ci sono anche Mario Somma, Alfredo Aglietti e Gigi Cagni. Ognuno ha avuto le sue caratteristiche e io ho cercato di rubare qualcosa un po’ da tutti. Quando ero in C ricordo Giancarlo D’Ascoli a Lumezzane che è stato colui che mi metallizzava pian piano a capire cosa volesse dire il calcio a livello importanti. Il primo anno con i grandi non l’ho ancora fatto, devo ancora iniziare ad allenare, però pian piano sto cercando con sudore e sacrificio di non avere rimorsi o rimpianti”.
Tra i tanti compagni di squadra avuti in carriera c’è anche Roberto De Zerbi, all’epoca al Padova: “Era un simpaticone. All’epoca faceva il militare ed è arrivato a fine anno che era distrutto a livello mentale e fisico. Ho avuto il piacere di giocare con lui perché era uno di quei talenti che col mancino faceva quello che voleva. Ha giocato ad alti livelli, ma secondo me poteva fare molto di più nella carriera da calciatore. Non avrei mai immaginato che De Zerbi potesse diventare un allenatore di questo spessore“.
Oltre 250 presenze con l’Empoli non si possono dimenticare. Buscè le ha vissute praticamente tutte: “Ho tanti ricordi, alcuni brutti ma soprattutto belli. Questo è un club destinato ogni tanto a fare questi campionati, anche se negli ultimi anni ha alzato un po’ l’asticella facendo campionati importanti salvandosi con 3-4 giornate d’anticipo. Ricordo il debutto in Serie A, la salvezza al primo anno, la vittoria del campionato dopo la retrocessione del 2003-04 e la Coppa UEFA. Dieci anni passati anche nel settore giovanile con due scudetti U16 e la Youth League che forse all’Empoli nessuno mai si sarebbe immaginato.
Tanti ragazzi sono cresciuti nell’Empoli – ha proseguito l’allenatore -. Belardinelli ho avuto il piacere di allenarlo per 3-4 anni, Degli Innocenti quest’anno ha giocato in Serie B con il Lecco, Francesco Donati, Gabriele Guarino e tanti altri che escono dal vivaio. Fazzini è destinato a giocare a livelli alti per tanti anni perché ha talento ed è cresciuto tanto. E’ uno degli ultimi dei tanti che l’Empoli manda tutti gli anni in prima squadra o in giro per l’Italia per fargli fare le ossa con l’obiettivo di farli ritornare alla base. Sono 33 anni che lavorano così e finora i risultati sono stati impressionanti“.
Nella lunga carriera di Buscè c’è stato spazio anche per il Bologna: “All’epoca c’erano tanti problemi societari. E’ una piazza con una storia importante, con tradizione di grandi calciatori. Questa proprietà ha voluto e saputo pianificare. Lavorando così si riesce a fare calcio ed investire anche nella scelta delle figure. L‘Atalanta sta facendo questo da un bel po’ di anni insieme a Gasperini. Nella loro storia, così come in quella dell’Empoli, tanti giovani vengono valorizzati. La mentalità dev’essere questa. Thiago Motta? Qualunque cosa lui abbia scelto credo abbia fatto la cosa giusta. A volte troppi ragionamenti non fanno bene, l’istinto è quello che la spunta di più”.
Sguardo anche alla Reggina, altra sua ex squadra: “La città ha fame di calcio, c’è una provincia intera che porta 20mila persone al Granillo. La Reggina ha bisogno di solidità societaria e programmazione. La Serie D non è la categoria che le compete, ma finché rimarrà qui è sempre un rischio. Hanno la forza per poter portare qualche imprenditore importante che abbia voglia di fare calcio nelle categorie che le compete“.