Passionario, vulcanico e semplicemente vero. Questo è stato Angelo Massimino per il Catania e per Catania. Un uomo d’altri tempi, scaramantico ma dal cervello fino. Uno del popolo, che è arrivato a pagare con la sua vita per la sua squadra. Esattamente 27 anni anni, il 4 marzo 1996, fa sull’A19 presso Scillato (PA), lo storico presidente rossazzurro muore in un tragico incidente stradale. Ogni anno la città lo ricorda con bandiere, striscioni e cori che lui per primo amava con tutto sé stesso. A raccontarci chi è stato Angelo Massimino è il nipote Alessandro Russo, che, ai microfoni di SerieD24.com, ha svelato parecchi retroscena sui rapporti tra nonno e nipote e sull’amore per il Catania.
Cosa rappresenta il Catania negli ’70-’80? Senza dubbio Angelo Massimino, lo storico presidente dei rossazzurri che ha guidato il club per più di 20 anni (nei 90 totali di storia). A raccontarci chi è stato il “presidentissimo” è il nipote Alessandro Russo, autore anche del libro “Angelo Massimino una vita per (il) Catania“.
“Mio nonno era uno che amava stare in mezzo alla gente. Era molto legato al folklore di Catania e non faceva distinzioni tra chi stava bene e coloro che facevano sacrifici economici. Lui stava con tutti sia allo stadio che per strada. All’epoca non c’erano né selfie né cellulari, ma si stava insieme e c’era più genuinità“. Un uomo del popolo che stava con la sua gente, tifosa o non di quella squadra che ha rappresentato tutta la vita di Massimino: “Non era uno che amava mettersi in mostra né raccontare i suoi pregi e i suoi difetti. – prosegue il nipote – Gli piaceva il dialogo, amava parlare. Nonostante qualcuno ancora oggi dice che utilizzava un linguaggio astruso, lui si faceva capire benissimo. Nessuno come lui riusciva ad entrare nelle corde dei tifosi e della gente comune che non seguiva il Catania. La sua passione era ammirata da tutti“.
Uno dei momenti più duri della storia del Catania è stata nell’estate 1993 quando la squadra venne esclusa dal campionato di Serie C1. Proprio Angelo Massiminino, che era al timone del club, intraprese una battaglia legale con la Federazione per salvare i rossazzurri dal fallimento e preservare la storia della sua squadra. “Se vogliamo aggiungere un paradosso – prosegue Alessandro Russo – all’epoca esisteva un altro Catania tra il 1993 e il 1995. Quella squadra aveva appoggi politici, lo Stadio e la maglia rossazzurra. Questo Catania non era il Catania di Massimino e della città. L’Atletico poteva arrivare in Serie B, Serie A e magari vincere il campionato se Angelo Massimino non si fosse intestardito nella battaglia di far tornare in campo il Catania originale, quello del 1946 matricola 11700.”
Massimino ha rotto alcuni luoghi comuni e per il suo Catania è andato oltre la burocrazia e le leggi: “Ad esempio, uno dei luoghi comuni che ha superato è quello che la giustizia ordinaria non doveva entrare nella giustizia sportiva. Dagli anni ’70 le società di calcio sono S.p.A. e non possono essere giudicate semplicemente da un tribunale sportivo. Gli avvocati lo accompagnavano nei tribunali ma lui era il cervello e portava avanti queste battaglie“.
Uomo, prima che presidente. Angelo Massimino è stato anche questo, un padre di famiglia e un nonno che ha portato avanti con dignità ciò che credeva. “Non è stato un rapporto d’amore. Spesso non ero d’accordo con lui. – ci racconta Alessandro Russo – Mi faceva piacere avere un nonno conosciuto in città, stare in tribuna al Cibali ed essere di casa. Però quando capitava di vederlo da solo, contestato e sofferente nei momenti in cui le cose andavano male non mi piaceva. Io, anche per il suo bene, gli consigliavo di farsi da parte. Più gli dicevo così e più lui si avvicinava alla squadra“. Questo ci fa comprendere quanta passione ha messo Massimino per il Catania, anche nei momenti più difficili: “La squadra per lui non era un giocattolo o il suo passatempo, ma la sua ragione di vita. Era difficile capirlo per noi familiari. Io l’ho compreso dopo che lui s’era andato, come spesso capita nella vita“.
Il 4 marzo 1996 Angelo Massimino muore tragicamente nell’autostrada Catania-Palermo, mentre era in viaggio per faccende burocratiche legate proprio al suo club. La commozione della città è enorme e Piazza Duomo era gremita di gente per dare un ultimo saluto al “Cavaliere”. “Al funerale in Cattedrale e con una piazza Duomo gremita di tifosi – prosegue il nipote – mio fratello Angelo (che si chiama come mio nonno) ha ricordato in poche parole i tratti più incisivi della sua vita e disse: “Vedi Angelo l’importante è che le persone si ricordino di te e di quello che hai fatto”. Una frase forte e che gli adulti capiscono bene.”
Poi l’affetto dei catanesi verso la famiglia Massimino è grande, anche perché Angelo ha dedicato la sua vita per il Catania: “Qualche giorno dopo la morte di mio nonno ho incontrato Carmine, una persona che non vedevo da tempo. Chiaramente si è avvicinato nel darmi le condoglianze, ma lo ha fatto quasi serenamente abbracciandomi dicendomi: “Stai sereno, tuo nonno non lo dimenticheremo mai”. Questo mi ha dato molto coraggio con il passare degli anni e mi ha fatto capire che mio nonno Angelo non è stato dimenticato.” E non di certo non è stato dimenticato visto che Massimino è nel cuore, nel sangue e nelle vene della città di Catania. “Le cose che sono state fatte sono servite. Sono stati scritti libri, tesi di laurea, è stato realizzato un murales fuori lo Stadio, ci sono state mostre fotografiche e trasmissioni radiofoniche dedicate a lui e a ciò che ha fatto“.
Il culmine della presidenza Massimino con il Catania è proprio negli anni ’80. Nel 1983 i rossazzurri ritornano in Serie A dopo 13 anni e in città si scatena un grande entusiasmo. Alessandro Russo racconta quel famoso viaggio in Brasile per acquistare due talenti insieme all’allenatore del club siciliano Gianni Di Marzio. “Quando il Catania nel 1983 andò in Serie A ci fu una vicenda che entrò nella leggenda. Nell’estate ’83 Massimino e Gianni Di Marzio andarono in Brasile per acquistare due innesti per la squadra e questo fu d’ispirazione per il film “L’allenatore nel pallone” di Lino Banfi. Loro tornarono in Italia con Luvanor e Pedrinho e quindi, spesso, si è mixata la finzione cinematografica con la vita reale. Io posso assicurare che è pura realtà“.
Sempre nel 1983 il noto conduttore e giornalista Maurizio Costanzo decise di registrare una sua puntata del “Maurizio Costanzo show” proprio a Catania al Teatro Metropolitan. Tra gli ospiti c’è proprio Angelo Massimino, insieme a Turi Ferro, Leo Gullotta e Concetto Lo Bello. “In quello spettacolo – racconta il nipote – Costanzo addirittura fece ballare nello stesso palco Massimino e Leo Gullotta. Mio nonno non si vergognava in queste occasioni e sapeva stare al gioco.”
Mi hanno detto – perché io non ero presente quella sera – che il pubblico si infastidì per il modo di fare gioviale di Costanzo nei confronti del Presidente. Lui non sapeva parlare benissimo, non aveva avuto mai il tempo necessario per studiare e fin da giovanissimo ha iniziato a lavorare. Quindi ad un certo punto qualcuno dal pubblicò si alzo in piedi infastidito dalla situazione e disse in dialetto catanese “Costanzo ora tagghila!” (Costanzo ora smettila).”
Infine, Alessandro Russo, svela alcuni retroscena legati a suo nonno Angelo Massimino. Un piccolo particolare lo notiamo quando il “presidentissimo” viene fotografato sempre accanto alla sua squadra: “Quando Massimino viene ritratto nelle foto con la squadra è quasi un vezzo, è il prezzo per ribadire che il Catania è a sua immagine e somiglianza con oneri e onori. Era il finanziatore del Catania. Per far quadrare i conti spesso non dormiva la notte, comprava i calciatori migliori e non amava coloro che parlavano troppo. Lui doveva avere l’ultima parola. Ad esempio, quando venne Bulgarelli in dirigenza, secondo mio nonno, gli rubava la scena per l’eccessiva diplomazia e la sua parlantina e lui lo mandò via. L’anno dopo per questa scelta stavamo per retrocedere. Poi ci sono cose che non sapremo mai.”
Poi ci sono i tanti riti scaramantici che hanno caratterizzato l’intera era di Massimino a Catania. “Buttava il sale dietro la porta avversaria o ci teneva che venissero rispettati determinati rituali. A volte portava la squadra a mangiare il pollo in una locanda sperduta e doveva essere mangiato rigorosamente con le mani. Spesso alcune cappelle dedicate alla Madonna costruite dalla sua azienda erano dedicate a qualche vittoria del Catania.” Non mancavano anche gli incentivi per i suoi giocatori nei momenti più delicati della stagione: “Quando si avvicinava la partita faceva capire ai suoi giocatori che in caso di successo ci sarebbero stati premi importanti. In Serie C, nel 1974/75, si piazzava davanti alla porta dello spogliatoio del Cibali con il centone in mano. Lui gli faceva vedere i soldi e i giocatori segnavano con maggiore attenzione“. Un uomo passionario, che ha dato tutto quello che aveva per il Catania. Angelo Massimino resterà per sempre nella storia e nella leggenda rossazzurra.
A cura di Federico Rosa