Géza Kertész, la storia dell’allenatore che fece volare il Catania
Ci sono storie che meritano di essere raccontate, legate nel mondo del calcio e di un eroismo spesso dimenticato. “Avete una gran bella squadra, ma soprattutto un grandissimo allenatore“. Commentava così Giampiero Combi a Enzo Longo parlando del Catania 1933-34 che per la prima volta raggiunse la promozione in Serie B. Chi era il manager di quel team? Géza Kertész, lo “Schindler di Catania”. Uomo ed eroe nazionale ungherese, ucciso a Budapest dai nazisti nel 1945.
La prima promozione del Catania in B con Géza Kertész
Una storia tutta da raccontare quella del Catania di Géza Kertész, la squadra che per la prima volta in terra etnea raggiunse la promozione in Serie B nel 1934. I rossazzurri nel ’33 giocavano in Prima Divisione (ovvero l’odierna Serie C) e per raggiungere la B il Presidente Vespasiano Trigona di Misterbianco lo chiamò a guidare la squadra. L’entusiasmo tra i tifosi era alle stelle, come sempre del resto. La squadra vinse il proprio girone in quell’annata e per la prima volta la città assistette ad una promozione in una categoria ambita come la Serie B.
I gradoni del “Campo dei Cent’anni“, (il Cibali ancora non esisteva) situato oggi nell’odierna Piazza Verga dove risiede il Tribunale (ai tempi chiamata “Piazza Esposizione”), erano sempre gremiti di catanesi ammaliati dal gioco e dalla forza di quel Catania. La ressa per acquistare i biglietti era incredibile per vedere in campo un vero e proprio squadrone. Basti pensare a Giovanni Degni, Ottorino Casanova, Mario Sernaggiotto e il bomber Nicolò “Cocò” Nicolosi, recordman di gol con la maglia rossazzurra con 78 reti (dietro di lui solo Giuseppe Mascara a 61).
L’affetto dei catanesi per Géza Kertész e i riti scaramantici col Presidente
Il calcio, fin dalle origini, non è solo uno sport legato al campo di gioco ma ben altro. Il legame e l’affetto di Catania per Géza Kertész fu davvero grande. I catanesi spesso lo fermavano per complimentarsi o per una semplice stretta di mano nelle sua passeggiate in città. Nel 1934-35 gli etnei chiusero terzi in Serie B, sfiorando per la prima volta nella storia la promozione in Serie A. L’ungherese, già nell’estate del ’35, voleva chiudere il capitolo coi rossazzurri, c’erano tante squadre su di lui, ma l’affetto dei tifosi e la pressione del Presidente Vespasiano Trigona di Misterbianco lo convinsero a restare. C’è anche un piccolo retroscena su alcuni riti scaramantici tra Kertész e il patron del Catania. Ogni domenica prima della partita i due pranzavano nel quartier generale del Duca in Piazza Roma. L’allenatore lasciò la città nel 1936 per farvi ritorno nel 1941-42 in un’annata difficile. La guerra era iniziata da un anno, i rossazzurri militavano in Serie C e il nuovo stadio Cibali (intitolato a Italo Balbo) era spesso soggetto a bombardamenti.
Il ritorno in patria da eroe e la tragica morte
Purtroppo la vita per Géza Kertész è stata infame, per un uomo valoroso, buono e che ha regalato sorrisi a tantissime persone amanti del calcio. Nel 1943 decise di ritornare nella sua Budapest, con l’Ujpest pronto ad affidargli la panchina. Ma l’invasione nazista non permise all’allenatore di giocare quel torneo e l’Ungheria diventò campo di battaglia. Allora lì Géza per cercare di aiutare quanta più gente possibile mise in atto forse l’atto di eroismo più grande che può fare un uomo. Visto che conosceva bene il tedesco si travestì da soldato della Wehrmacht per mettere in salvo tantissimi ebrei che vivevano nel ghetto di Budapest. Anche per questo nella memoria collettiva dei catanesi è rimasto “lo Schindler di Catania”.
Poi, però, l’epilogo è crudele. Negli ultimi mesi di guerra, nel novembre del 1944 la Gestapo lo arrestò e il 6 febbraio 1945 venne fucilato pochi giorni giorni prima dell’arrivo dell’Armata Rossa a Budapest. Alla fine del conflitto la commozione in Ungheria fu enorme, venne riconosciuto come “Martire della patria” e ai funerali partecipò anche una delegazione catanese a ricordare quel grande allenatore che sfiorò la Serie A in Sicilia. A Catania nel 2015 gli è stata intitolata una via e sempre nello stesso anno il comitato in memoria di Géza Kertész organizzò un evento, promosso da Roberto Quartarone e Filippo Solarino, proprio in Piazza Verga, dove sorgeva il campo dove i rossazzurri volavano tra il 1933 e 1936.
A cura di Federico Rosa