Il defibrillatore non era presente a bordocampo quando il giovane Matteo Pietrosanti, portiere dell’Under 15 del Privero, si accasciò a terra il 3 marzo del 2022. Questo quanto affermato, a distanza di 23 mesi, dalla giustizia sportiva che, così come quella ordinaria che però ancora non si è espressa, aveva aperto da subito un’indagine sui fatti. A farne le spese, così come riportato dal comunicato del Tribunale Federale del Lazio, l’allora presidente del club Lamesi Fabio. Quest’ultimo sarebbe stato inibito dalle competizioni per 6 mesi mentre al club sarebbe stata corrisposta una multa di 1000 euro.
Dal 1° luglio 2017 il “Decreto Balduzzi”, impone l’obbligo del defibrillatore e di personale formato al primo soccorso per tutte le società sportive, professionistiche e dilettantistiche. Quel giorno però, almeno stando a quanto affermato dal Tribunale Federale del Lazio, il campo di San Lorenzo Privero, dove perse la vita Matteo, non era provvisto di Defibrillatore. A nulla infatti servirono gli interventi del 118 che tentarono invano di rianimare il giovane portiere accasciatosi a terra. L’intervento immediato di un addetto all’utilizzo del DAE avrebbe anche potuto salvargli la vita.
Con il deferimento, il Giudice Federale, muove un primo passo verso l’individuazione delle cause e delle responsabilità che hanno portato alla morte tragica del 15enne. Frutto anche della determinazione dei familiari che si sono dovuti già imporre ad una richiesta di archiviazione presentata dal Pubblico Ministero. Lo scorso mese di maggio infatti, il Tribunale di Latina ha premiato la perseveranza della famiglia Pietrosanti commisurando la riapertura delle indagini. La tesi dell’accusa fa leva sulle dichiarazioni del medico che ha svolto l’autopsia sul corpo del 15enne e su quelle di due periti di parte. Sono inoltre state indagate anche i certificati con cui il giovane era stato ammesso all’attività e le manovre di intervento degli operatori del 118.