‘In quattro e quattr‘otto‘. Con Ameth Fall è così: poche chiacchiere e più fatti. Per organizzare l’intervista con l’attaccante del Chieti ci mettiamo poco meno di dieci minuti. “Io sono questo: vi racconto il mio calcio fatto di valori” dice con soddisfazione. “La stagione appena conclusa? Il Chieti non ha raggiunto un risultato positivo (ottavo posto nel girone F di Serie D, ndr), bisogna ammetterlo. Ci si aspettava di vincere il campionato ma sono stati commessi degli errori”.
L’attaccante senegalese chiude la stagione con undici gol e cinque assist. “Di questo sono contento – spiega il 33enne – Ma avrei voluto dare di più a questa tifoseria”. Ovvero? “A Chieti mi sono sentito amato, coccolato. Sono diventato il loro idolo, ho sentito il legame con la piazza. La porterò sempre nel cuore. Futuro? Ho quattro richieste dal girone F ma sarei felice di restare. Mi farebbe solo che piacere”.
Chieti, Barletta e San Benedetto del Tronto. Tre città. Tre grandi piazze dove Ameth ha giocato. E dove si è sentito ‘grande’. “Abito a San Benedetto – e aggiunge – i miei due figli piccoli conoscono la canzone ‘blù è il colore del mare, rosso è il colore del vino‘(l’iconico inno della Sambenedettese, ndr)”. Voce profonda. E tanta consapevolezza. “Questi sono sentimenti veri. Non stiamo parlando di ca****e“.
Fall prosegue. “Sono una persona di valore. E vorrei trasmettere gli stessi nel calcio. Per questo, se un giorno dovessi bussare alle porte di Chieti, Samb o Barletta, vorrei che fossero disponibili con me. Ho sempre detto la verità”. E a proposito di Barletta. “Il nuovo presidente? Sarei contento se dovesse entrare con dei buoni propositi. Questa piazza deve stare in Serie C, come minimo. Le auguro un ritorno nei professionisti. Non esiste la retrocessione in Eccellenza. A me piacciono queste piazze, dove mi posso esaltare“.
Dunque. Tra valori e tanto spirito di sacrificio. Due ingredienti che Fall porta nel suo zaino. Ovunque. Ecco allora il suo progetto di beneficenza, BP9 Perseverance: un progetto benefico per aiutare l’Africa. “Questa è un’iniziativa sana, gestita interamente da me”. Come si sviluppa nel concreto? “Faccio una doverosa premessa: non c’è alcun tipo di guadagno. Porto materiale ai bambini in Africa, dai palloni alle felpe. Quest’anno – svela l’attaccante – ho chiesto ad alcuni miei compagni di squadra delle scarpe da calcio che non usavano più. Così da sistemarle e regalarle in Africa. Sono le buone azioni quelle che contano nella vita: è l’insegnamento che ho avuto dai miei genitori“. E se lo dicono mamma e papà…un motivo ci sarà.