“Dove devo firmare?”, ha risposto così Giacomo Favero (“Jack” per gli amici), calciatore di 31 anni, quando gli è stata presentata l’offerta del Club Eagles, squadra di Premier League alle Maldive. Nato a Udine nel 1991, Favero ha girato l’Italia (e non solo) per giocare a calcio: dal Friuli alla Sicilia, passando per Malta. Cresciuto nelle giovanili del Verona, ha poi giocato sempre tra Eccellenza e Serie D, finché circa un anno fa ha colto al volo l’opportunità di giocare alle Maldive. “Qui è bellissimo, è un paradiso, ma non è solo vacanza. La vita di tutti i giorni è come in ogni parte del mondo”, ci tiene però a precisare Favero.
Un’avventura sicuramente curiosa ed entusiasmante, un’esperienza di vita che rimane al di là dell’aspetto calcistico, ma “devi saperti adattare, se no dopo due settimane probabilmente scappi”. Dalla proposta dello scorso aprile al cibo maldiviano, passando per le differenze tra il calcio lì e in Italia: Giacomo Favero si racconta a seried24.com.
Che un calciatore si sposti dal nord al sud Italia è già complicato e non usuale, che si sposti dall’Italia all’estero lo è sicuramente di più. Favero però spiega come e quando è arrivata l’opportunità: “Tutto è nato un anno fa attraverso il mio agente. Abbiamo ricevuto questa richiesta da parte del club e l’abbiamo colta subito. C’era già qualcosa in sospeso: circa due anni fa ero negli Emirati Arabi, avevo già raggiunto l’accordo con una squadra e stavo per firmare, ma si è iniziata a diffondere la pandemia”, spiega Favero. “Ero lì da un mese, hanno sospeso il campionato, contratti e tutto. Sono tornato in Italia e poi non è più andata avanti la trattativa perché è cambiato totalmente l’organigramma societario. Quindi ho deciso di aspettare l’opportunità, giocando qualche mese in Italia, e poi ad aprile dello scorso anno è arrivata questa proposta e l’abbiamo colta subito”.
Una proposta sicuramente affascinante e intrigante, ma sulla quale spesso ci si riflette su, trattandosi di un cambio radicale della propria vita: Favero però non ha esitato un attimo per diversi motivi. “Diversi aspetti mi hanno spinto ad accettare subito: in primis la chance di entrare nel calciomercato asiatico. Io voglio rimanere qui, voglio rimanere nel giro perché per loro sono ancora considerato ‘giovane’, mentre in Italia sono già considerato ‘vecchio’ – spiega Favero -. Ho la volontà di impormi in un calcio differente e di fare questa esperienza di vita, oltre che lavorativa. L’ho sempre voluta fare, ma non ho mai trovato l’occasione per riuscirci. Qui a differenza dell’Italia è un mondo meritocratico. Se sei bravo vai avanti, vai in squadre più forti e guadagni di più. In Italia se sei bravo conta circa il 30%, poi è tutta questione di conoscenze”.
Un’isola, circa 340.000 abitanti e soltanto otto squadre nella massima serie. Per ovvi motivi, a livello organizzativo il campionato maldiviano è differente dal resto del mondo, come spiega Favero. “Dal punto di vista organizzativo qui la situazione è particolare. Tutto è concentrato in un’isola, c’è un solo stadio dove si giocano tutte le partite e due campi d’allenamento, dove ci alterniamo negli orari per allenarci. Sono tre i campi totali: due per allenarci, uno dove giochiamo tutto il campionato. Siamo otto squadre, facciamo andata-ritorno-andata per un totale di 21 partite”, spiega Giacomo Favero. Per le prime due però c’è la possibilità di confrontarsi con società blasonate. “Chi vince il campionato va diretta ai gironi di Champions League asiatica, in questo caso il Mazyia. Il Valencia pochi giorni fa ha vinto il primo turno, ma è uscito nella seconda fase. Sono le prime due a giocarsi l’accesso alla Champions League”.
“Dal punto di vista tecnico-tattico sono indietro rispetto a noi, ma credo tutti tatticamente lo siano rispetto all’Italia, quindi è difficile trovare un paese alla pari. Per quanto riguarda l’aspetto tecnico, qui hanno buone doti e buone qualità. Ci si allena sempre con la palla, si fanno tanti possessi, partitelle, quindi inevitabilmente si cresce”. Non solo differenze strutturali e organizzative però, alle Maldive il calcio è culturalmente visto in modo differente. “Riguardo l’aspetto culturale, qui si vive un po’ più la purezza del calcio: per esempio, noi attualmente siamo secondi, ma perché ci divertiamo e si vede. È una cosa importante. In Italia spesso questo è un aspetto secondario, il divertimento a volte si perde e non va bene”.
Il livello del campionato di Serie A non è ovviamente paragonabile alla Serie A italiana, ma Favero ci spiega che non è semplice fare un confronto. “Non ti so dire quale sia il livello specifico, è difficile. Dico simile alla Serie D, perché c’è tanta intensità, si corre, si lotta e anche tecnicamente la maggioranza è brava. Viene meno la tattica, ovviamente. Non ci sono tanti giri di palla, ci sono tempistiche diverse e l’imbucata si cerca con più frequenza. I ritmi sono alti”.
C’è però una squadra che pare sia sopra la media: “Il Maziya è una corazzata. Ha tanti giocatori forti, tra cui Pedro Tana che fino a pochissimo tempo fa giocava in Liga spagnola con il Las Palmas. Loro sono una squadra fortissima, con giocatori di assoluta qualità e infatti sono primi in classifica. Lì il livello si alza molto, si avvicina tanto alla Serie C“.
Non tantissimi stranieri visto il limite regolamentare e infatti Giacomo Favero è l’unico italiano a giocare alle Maldive. “Sì, sono l’unico. Qui ogni squadra può avere massimo quattro stranieri, ma uno deve essere asiatico. In media ce ne sono 2/3 per squadra, solo un club ne ha zero, ma in media sono quelli. Ci sono alcuni spagnoli, uno di Panama e poi io dall’Italia”.
L’unico calciatore sì, ma c’è anche un altro italiano nel calcio maldiviano: Francesco Moriero, ct delle Maldive. “Con Moriero siamo usciti a cena un paio di volte, ci conosciamo bene. Lui vive qui, in un’isoletta accanto alla capitale e viene a vedere tutte le partite. Sta cercando di portare un po’ di freschezza in nazionale. Qui i ragazzi hanno tanta voglia di imparare, mi dice che sono sempre a completa disposizione. E anche loro sono felici di lui, perché li fa lavorare ma ridendo e scherzando”.
“Wow, le Maldive”: è una frase che tutti abbiamo pensato o detto, ma la vita quotidiana non è quella dei sogni dei vacanzieri. “No, assolutamente. Qui non è la classica vacanza alle Maldive. Vivo a Malé, la capitale ed è una città come le altre, sono circondato da palazzi. Tanta gente, tanto caos, tanto traffico, c’è solo una spiaggia. La vita va avanti come in qualsiasi parte del mondo, casa-lavoro-casa. Io durante la settimana mi alzo, vado in palestra, pranzo, mi alleno e torno a casa”, spiega Jack. “Nei giorni liberi diventa una vacanza, assolutamente. Mi piace girare le isolette, spostandomi in barca a mezz’ora da qui e rilassarmi: qui intorno c’è davvero il paradiso. Le isolette hanno un fascino incredibile, si intuisce già dal colore dell’acqua. Mi piace ritagliarmi i momenti per scoprire le Maldive turistiche”.
Culture e abitudini diverse, cibo diverso. Giacomo Favero non ci nega che “la cucina italiana è ovviamente la migliore del mondo, non è paragonabile”. Nonostante tutto, il suo rapporto con il cibo maldiviano è buono. “Qui la cucina si basa su quella arabo-indiana. Mangiamo spesso riso, Noodles, pesce, verdura, frutta e pollo. Però è molto speziata, davvero tanto. Spesso chiedo di non farmi un piatto troppo piccante e loro mi rispondono che lo è poco, ma il loro poco per me è fuoco in bocca. Loro sono abituati, noi no”.
Nonostante però si viva bene, ci spiega che “per farlo, bisogna adattarsi. Se sei schizzinoso, qui è dura. Non è soltanto giocare, guadagnare tanti soldi e stop. C’è una vita fuori“. E quella vita, Giacomo Favero se la sta godendo pienamente, lavorando di giorno e rilassandosi nel tempo libero. “Scappo tutto e vado alle Maldive”: Favero lo ha fatto davvero e adesso non vuole più tornare.
A cura di Domenico Cannizzaro