Spesso si dice che ascoltare la voce di una persona possa comunicare a mente fredda più di quanto non facciano le sue parole. È sicuramente questo il caso di Francesco Rapisarda, terzino destro classe 1992 in forza al Catania ed autore fin qui di 3 reti e 5 assist in 18 partite stagionali.
Un ragazzo pulito, ‘Ciccio’, una persona in grado sin da subito di trasmettere le sue emozioni anche a distanza e trasportare nel suo viaggio chi lo ascolta con la passione di un sognatore. Una storia, la sua, che visto il recente ritorno a casa assume già un sapore dolce. “Vestire questi colori per me è qualcosa di unico – ci racconta emozionato – Ogni domenica è come se mettessi un’armatura, mi sento invincibile. Percepisco tanta responsabilità addosso e la porto sempre con me perché so cosa prova il catanese. È una cosa bellissima, spero di godermi queste sensazioni il più a lungo possibile“.
Un amore viscerale, quello tra Francesco e il calcio. Questione di famiglia e di passioni tramandate sin dalla culla per generazioni. “Già da piccolissimo giocavo con i miei amici nel quartiere dove abitavo. Mio padre mi portava sempre nei campi a vederlo giocare, poi mi iscrissi a scuola calcio e da lì iniziò tutto”. Calcio, calcio e ancora calcio. A casa Rapisarda non si parla d’altro. Ed i riferimenti sono tutt’altro che banali. “Sono cresciuto con le cassette dell’Inter, ero innamorato di Ronaldo ‘Il Fenomeno’ ma con lui c’era Zanetti, penso sia l’esempio giusto da seguire”. Valori chiari, impressi nella mente e nei ricordi. Ma cosa appaga di più sul campo il numero 5 rossazzurro? “L’emozione di un gol è unica, da terzino di spinta dico che l’assist è la cosa più bella ma da difensore credo sia speciale anche una buona diagonale”. L’identikit perfetto dell’affidabilità.
La strada pian piano si fa chiara, arricchita da una parentesi, quella a L’Aquila, che tocca anche le corde delle emozioni. “È stata un’esperienza che mi ha formato in tutto e per tutto – prosegue ‘Ciccio’ – sono stato lì due anni dopo il terribile terremoto e già questo mi ha segnato tanto. Per quanto riguarda il calcio è stato un momento unico: ero piccolino, ho conosciuto persone che mi hanno fatto crescere e vincere il campionato è stata la prima emozione forte che ho vissuto.” L’Aquila scopre il talento, Lamezia e Lumezzane lo temprano ma è la Sambenedettese a renderlo definitivamente grande. “San Benedetto è la mia seconda casa, sin da subito ho capito l’importanza della piazza. È una città del nord ma vivono il calcio come fosse del sud. Sono calorosi, appassionati, affiatati. Delle bellissime persone. Ho dei ricordi stupendi, ringrazierò per sempre l’avvocato Gianni che ha voluto portarmi lì a tutti i costi. Sono cresciuto tantissimo e ho avuto la fortuna di fare il capitano. Quando posso faccio sempre una scappata d’estate perché li conservo tanti amici”.
Un’altra città speciale per Francesco è stata sicuramente Trieste. E lì ha indossato, per due stagioni, una maglia, quella della Triestina, che gli ha regalato 68 partite, 4 gol, un assist e delle amicizie uniche. “Sono stati due anni intensi in modo diverso. Il primo non fu facile perché dovevo ambientarmi ma grazie a Ciccio (Lodi ndr), Enzo (Sarno ndr) e Peppe (Rizzo ndr) si è rivelata un’esperienza importante. Eravamo sempre insieme, dal campo alle cene, fino alle passeggiate coi bambini. Una città spettacolare, sono stato davvero bene, mi auguro possano rialzarsi”. Da Trieste a casa, la strada per il sogno è tracciata. Suggellata da un gol, quello al San Luca all’esordio casalingo, da far venire i brividi. “È stato il coronamento di un sogno –spiega il terzino – ci ho sempre sperato. Indipendentemente dalla categoria per me Catania è qualcosa che va oltre il calcio. L’impatto è stato subito forte. Dovessimo vincere il campionato? Sicuramente mi tatuerò la data”.
Promesse, sogni, appartenenza e speranze. Tutte vissute al massimo. Il Catania ha finalmente ritrovato il suo simbolo.
A cura di Damiano Tucci