“Ognuno ha quel che si merita. Io non ho nessun rammarico, ho sempre cercato di dare il meglio di me. Ho avuto la fortuna di arrivare a questa età stando bene fisicamente e divertendomi ancora“. Quando la passione va oltre tutto il resto. Non è mai semplice, a 40 anni, ritagliarsi uno spazio importante in uno spogliatoio dove si comunica con la lingua della generazione 2.0. Oggi, Simone Pesce è il capitano del Lumezzane e vuole godersi questi ultimi attimi della sua carriera: sullo sfondo, un’ultima promessa da mantenere che presto potrebbe materializzarsi.
“Rimarrò sempre legato alla mia città anche se è tanto che non torno. Con la maglia neroazzurra mi sono sentito realizzato; mi fa piacere che adesso stanno facendo bene. Ora li allena un mio caro amico, nonché mio testimone di nozze, Daniele Di Donato”. Il centrocampista non dimentica le sue origini ma, anzi, ricorda con grande riconoscenza Latina e cosa ha rappresentato per il suo percorso di crescita. Ascoli e Catania per vivere un sogno ad occhi aperti. Le vittorie con Novara e Cremonese? Il suo più grande orgoglio. Il classe 1982 si racconta, in esclusiva ai nostri microfoni.
“La società è partita a inizio anno con i migliori presupporti per affrontare un campionato di vertice. Siamo partiti bene e, vittoria dopo vittoria, è cresciuta l’autostima”. Per il club rossoblù si tratterebbe di un ritorno tra i professionisti, sei anni dopo l’ultima volta. “Cinque punti non sono molti ma mancano ancora sei giornate. Sappiamo che possiamo centrare l’obiettivo: per fortuna, ora dipende più da noi che dalle altre squadre“.
Il presidente del club è Andrea Caracciolo, vecchia conoscenza del nostro calcio e grande amico di Simone. “Lo scorso anno, a marzo, Andrea decise di smettere e la società gli offrì un ruolo dirigenziale. Ci siamo conosciuti a Novara e ci siamo ritrovati qui, al Tullio Salieri di Lumezzane. Il rapporto professionale tiene le distanze dai ruoli, come è giusto che sia ma fuori dal campo siamo grandi amici“. Il loro legame viene testimoniato anche da questa rivelazione. “La sua decisione? Non mi sorprese, ero preparato, ne avevamo già parlato prima che la cosa si concretizzasse“.
“Oggi a 40 anni mi ritrovo a condividere lo spogliatoio con ragazzi che ne hanno venti in meno di me: hanno dei gusti e delle abitudini che, per forza di cose, sono diverse dalle mie. Per quanto riguarda l’aspetto calcistico cerco di essere da esempio trasmettendo loro valori che mi hanno accompagnato per tutta la mia carriera: sacrificio e voglia di migliorarsi. Ad Ascoli, durante il mio primo anno nella massima serie, sono stato circondato da calciatori di grande caratura. Tra i tanti, mi sono ispirato a Di Biagio e Pecchia, dei professionisti impeccabili”.
“A Catania ho un ricordo fortissimo. Con loro ho segnato il mio primo ed unico gol in Serie A in un derby contro il Palermo, terminato 4-0“. Lancio perfetto di Marchese, inserimento di Pesce e pallonetto che si insacca dietro le spalle di Sirigu. “Tutto questo me lo porterò dietro per sempre, un’emozione indescrivibile”.
Il Cholismo vissuto a 360°: “Ho avuto la fortuna di essere stato allenato dal Cholo Simeone. Mi ha colpito la grande personalità, la voglia di vincere e di lottare su ogni pallone, una passione che ha trasmesso a tutti noi. Ognuno si sentiva importante, nessuno escluso. Per Simeone la squadra si sarebbe buttata nel fuoco.
Sono molto contento per la promozione del Catania perché è una piazza che merita di stare in Serie A. Spero per loro che possano tornare il prima possibile nella categoria che meritano”.
“Novara è stata una tappa importante: si era creato un legame particolare. Dopo la retrocessione dalla Serie A abbiamo disputato un campionato incredibile in B ma non siamo riusciti a ripeterci, eravamo convinti della nostra forza. La stagione successiva avremmo potuto recitare un ruolo da protagonista, ma così non fu. Un vortice di negatività, tra infortuni e penalizzazioni, ci ha fatti sprofondare in Lega Pro: questa è una cicatrice che mi ancora porto dentro“. Cicatrice che poi verrà parzialmente ricucita l’anno successivo. “Sono rimasto a Novara con l’intento di riportare il club dove merita e così è stato. Questo è merito di un gruppo unico, guidato da Domenico Toscano: abbiamo raggiunto una promozione difficilissima. Questa è una delle soddisfazioni migliori che ancora oggi mi porto dentro”.
“Bruno (Fernandes ndr) si è aggregato con la prima squadra a metà stagione, prima faceva parte solamente della Primavera. Aveva 19 anni: dopo due allenamenti prese subito il posto da titolare. Aveva qualcosa di davvero speciale sia dal punto di vista tecnico che umano: lo notai fin da subito”. Il giovane portoghese ha incantato tutti fin dal primo giorno. “Non avevo alcun dubbio che sarebbe arrivato a giocare ad alti livelli. Pensare che sarebbe diventato uno dei migliori centrocampisti in circolazione forse no…”.
“Quando il Papu Gomez arrivò a Catania si era capito che avrebbe avuto la possibilità di giocare a un livello superiore, ne ero certo”. Ma il vero fenomeno in maglia rossoazzurra era un altro. “Ebbi la fortuna di allenarmi anche con Pablo El Pitu Barrientos: sicuramente uno dei più forti con cui abbia mai giocato“.
“Da bambino sognavo come tanti di poter giocare in Serie A. Ho affrontato l’Inter di Vieira e Ibrahimovic e il Milan di Maldini e Kakà. Ancora oggi mi emoziono se ripenso a tutto questo. Sono molto contento di tutto quello che ho fatto. Cinque anni fa ho avuto l’opportunità di vestire la maglia della Cremonese e l’abbiamo riportata in Serie B dieci stagioni dopo l’ultima volta. Vestire quei colori mi ha riempito d’orgoglio”.
“Ultimamente le motivazioni per andare avanti me le ha date questa società, in primis ringrazio il patron Lodovico Camozzi. Quando ho terminato i due anni di contratto con la FeralpiSalò non sapevo ancora cosa farne del mio futuro. Ho parlato con lui: il progetto mi ha spinto nel voler continuare. Ho accettato questa sfida e spero di portarla a compimento con la vittoria del campionato: tre anni fa firmai proprio con questo intento. Ho la fortuna di far parte di una società organizzata e lungimirante”.
Per Simone Pesce è davvero arrivato il momento di dire basta al calcio giocato?: “So che tra non molto arriverà il momento di prendere delle decisioni per il proseguo della mia carriera ma pensare a cosa accadrà dopo non deve diventare un’ossessione. Adesso sono concentrato su questo finale di stagione. Portare a termine la mia promessa sarebbe un motivo d’orgoglio“.
Cinquecentoquaranta minuti separano Pesce dall’ennesima promozione della sua carriera, un altro traguardo che più di tutti gli altri assumerebbe un valore speciale. Il passato ormai vive nei suoi ricordi ma il futuro è ancora tutto da scrivere.