“Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano”. Potremmo prendere in prestito le celebri parole dell’evergreen “Amici mai” di Antonello Venditti per sintetizzare al meglio il rapporto tra Rimini e Adrian Ricchiuti. Un amore vero, intenso, quello venuto a instaurarsi tra la ridente cittadina romagnola e il calciatore argentino proveniente da Lanus. Un quartiere non comune. Lo stesso sobborgo in cui nacque uno tra i personaggi più gloriosi che la mitologia calcistica possa raccontare, Diego Armando Maradona: “Sono nato con il mito di Diego – afferma Ricchiuti –, crescendo nel suo stesso quartiere, dove tutto parla di lui. Nessuno sarà mai come Maradona. Ricordo ancora quando ebbi la fortuna di conoscerlo: passammo una giornata insieme a casa di Salvatore Bagni. Il solo pensiero mi fa sentire l’uomo più felice del mondo”.
Dalla polvere di Lanus ai campi dilettantistici della periferia laziale. Per motivi lavorativi, la famiglia di Ricchiuti è costretta a lasciare la madrepatria nel 1990, destinazione Italia: “Arrivai a dodici anni, portando in valigia i miei sogni e la smisurata voglia di giocare a calcio – aggiunge Adrian –. Partii dagli Allievi del Forano, per poi arrivare in poco tempo alle giovanili della Ternana: andai a vivere da solo in convitto già all’età di tredici anni, sono cresciuto decisamente in fretta”. Dall’Umbria, un lento girovagare tra tante piazze, in cui non arriva la consacrazione definitiva. Genoa, Carpi, Pistoiese, Livorno, Arezzo, prima di giungere a Rimini, quello che diventerà il posto del cuore per l’ex trequartista argentino: “Ma l’inizio non fu dei migliori – ricorda Ricchiuti –. Arrivai a Rimini nel gennaio del 2002 e sono stato vicino alla cessione cinque mesi dopo. Con la sconfitta ai playoff per accedere in C1, la società voleva vendere tutti i calciatori. Poi arrivò Acori, uomo fondamentale per la mia crescita. Grazie a lui ho imparato il senso del sacrificio, della responsabilità. Con Leonardo nel ruolo di allenatore, iniziò anche la scalata del Rimini che ci proiettò, pochi anni dopo, a sfiorare addirittura la Serie A”.
Un legame indissolubile quello creatosi tra la società biancorossa e il capitano degli anni d’oro del club. Una storia che avrà il suo seguito anche successivamente, con il ritorno a casa nel 2014. Stagioni complicate per un Rimini che oscillava tra Lega Pro ed Eccellenza. Il presente racconta di una compagine solida, capolista del Girone D della massima competizione tra i Dilettanti: “Vanno fatti i complimenti alla società, che ha costruito una squadra forte e puntato su un ottimo allenatore. Si sta creando l’ambiente perfetto per tornare a fare calcio di un certo livello. Il ricordo più bello in maglia biancorossa? La promozione in Serie B nel 2005 e il gol alla Juventus nel 2006, in occasione dell’esordio dei bianconeri in Serie B”.
Adrian Ricchiuti è stato calciatore dotato di talento cristallino. L’amore per Rimini è sconfinato, ma il richiamo della Serie A influirà sulla scelta di abbandonare la città romagnola e giungere a Catania: “L’approdo in massima serie fu il giusto coronamento per la mia carriera – prosegue l’ex calciatore argentino –. Sono entrato subito in simbiosi con la città, nutro amore vero per una piazza calda e passionale come quella rossazzurra. Una figura fondamentale che mi ha consentito di realizzare il sogno Serie A è stata quella del mio procuratore, Giovanni Tateo. Con lui si è creato un rapporto che va al di là del calcio: un’amicizia vera, sincera. Ha creduto in me, assicurandomi che un giorno avrei giocato contro Juventus, Milan, Inter: se ciò è accaduto, è anche per merito suo”.
Oggi Ricchiuti brinda alla sua nuova vita. Si emoziona ancora con il calcio perché “il pallone è il mio mondo”. Attualmente allena le categorie Giovanissimi e Esordienti del Riccione, ambiziosa società guidata da imprenditori americani: “Poter allenare i più piccoli mi riconcilia con lo sport. Quello vero, la parte più sana per cui ancora oggi il calcio conserva un suo valore sociale. Futuro? Spero di poter avere presto l’opportunità di mettermi in mostra, allenando una compagine di Serie D”.
A cura di Giuseppe Vitolo