Voglia di tornare a volare. Scendere nuovamente in campo, dopo la sosta forzata dall’aumento dei contagi, e continuare a sognare il salto tra i pro. La Cavese, nobile decaduta del panorama dilettantistico italiano, ha fretta. Concretezza è la parola d’ordine da quando Emanuele Troise si è insediato sullo scranno della compagine salernitana. L’ex difensore di Napoli e Bologna, subentrato a Pino Ferazzoli lo scorso 23 novembre, ha accettato la sfida con entusiasmo e dedizione. Una piazza calda e passionale, quella di Cava, ripartita con dignità da una categoria che poco le compete.
L’impegno è di quelli da non fallire, l’obiettivo conclamato è la promozione diretta. Un traguardo da tagliare nel girone I, torneo tremendamente equilibrato e competitivo: “Reputo abbastanza soddisfacente il bimestre sin qui trascorso alla guida della Cavese – afferma Troise –. Io e il mio staff abbiamo accettato un progetto affascinante, con il solo fine di poter brindare al salto di categoria. Siamo a due lunghezze dalla vetta: avrei voluto qualche punto in più, ma complessivamente stiamo attuando un percorso in linea con le nostre aspettative”.
L’intervista scivola via con estremo piacere. Si avverte la passione e la profonda dedizione che Troise riserva alla “sua” Cavese: “Sono molto fiducioso – prosegue l’allenatore –, perché conosco il reale potenziale della squadra, in parte ancora inespresso sin qui. A questo gruppo è mancata la continuità di risultati, aspetto fondamentale per chi vuole imporsi in categorie difficili come la Serie D. Se saremo bravi a crescere da questo punto di vista, allora avremo compiuto quel salto di qualità che ci permetterà di vivere una seconda parte di stagione ancora più importante”.
La nuova sessione di mercato per i club di Serie D appare una notizia solo da ufficializzare. E l’ex allenatore del Mantova non si sottrae alle domande relative al possibile miglioramento della rosa, alla luce dell’imminente riapertura della campagna trasferimenti di gennaio: “Ho una squadra completa – aggiunge Troise -, ma è chiaro che si può sempre migliorare. Ho avuto conferma dai miei ragazzi che un po’ tutti hanno reso meno di quanto avrebbero potuto. Abbiamo bisogno di alzare l’asticella. Dopo gli acquisti di Banegas e Caserta, possiamo ritenerci al completo. Se dovesse palesarsi un’occasione di mercato, la società si farà trovare sicuramente pronta. La sosta? È stata provvidenziale per contenere i contagi e non mettere in discussione la regolarità del campionato. Siamo pronti a tornare in campo: ad Acireale ci aspetta un match d’alto profilo”.
È tempo di aprire l’album dei ricordi. Tornare indietro, voltarsi al passato con devota riconoscenza. Perché Emanuele ha realizzato quello che per tanti “scugnizzi” è il sogno di una vita. Quello di giocare con la maglia del Napoli, la sua squadra del cuore. E, tra i tanti, un aneddoto particolare rievoca sorrisi e un pizzico di nostalgia: “Sono tanti i ricordi che conservo nel profondo del mio animo. L’esordio assoluto con la maglia del Napoli, in un match di Coppa Italia con il Bari, e la prima ufficiale in campionato contro la Sampdoria al San Paolo nel novembre 1999 (1-0, gol di Schwoch, ndr). Era l’annata della promozione in Serie A con Novellino e mi stavo affacciando al grande calcio con la squadra del mio cuore. Ma la partita che rievoca più emozione fu quella dell’anno successivo: andammo a giocare a San Siro con il Milan e disputai, probailmente, la partita più bella della mia carriera. Avevo davanti Shevchenko, che di li a breve sarebbe diventato pallone d’oro, e lo limitai con una gara perfetta. Sfiorai anche il gol del pareggio, cogliendo una traversa con uno stacco di testa in cui superai anche Paolo Maldini. Ho ancora i brividi quando parlo di quella gara”.
Ma la promettente carriera da calciatore non rispetterà le premesse degli esordi in azzurro. Tanto professionismo, un’altra annata in A con il Bologna, poi Ternana, Salernitana, Foggia, Cavese. Nel curriculum di Troise anche diverse apparizioni con la Nazionale Under 21 di Tardelli e Gentile. La decisione di appendere gli scarpini al chiodo a 31 anni rappresenta un passaggio che ha caratterizzato gli anni a venire della sua vita professionale: “Ho lasciato presto l’attività agonistica per dedicarmi sin da subito ad un ruolo per cui mi ritengo idoneo. Ho iniziato da vice di Pecchia, a Latina, nella stagione 2012/13. Un’esperienza che ha cambiato la mia vita. L’anno successivo, Fabio è divenuto vice di Benitez a Napoli e mi ha portato con sé in qualità di collaboratore esterno: ero l’addetto alle relazioni tecniche sugli avversari. Poi sono passato al Bologna in qualità di collaboratore di Diego Lopez. Ho fatto la trafila del settore giovanile con un anno alla guida degli Allievi e tre della Primavera della società emiliana. L’anno scorso, un’annata positiva al Mantova, in Lega Pro. Tante esperienze che mi hanno regalato il merito di allenare, quest’anno, un club importante e prestigioso come la Cavese. Ho una profonda devozione per il calcio e il mio sogno è quello di arrivare a palcoscenici importanti da allenatore. E riprendermi, magari, quello che non sono riuscito ad ottenere da calciatore”.
A cura di Giuseppe Vitolo