C’è una formazione nel girone I che sta sorprendendo tutti e sta giocando un ottimo campionato: è il Licata Calcio di Giuseppe Romano, al quarto posto a quota 32 punti, con una squadra giovanissima. Il Licata sarà il prossimo avversario del Catania di Giovanni Ferraro, sempre più in testa al campionato. Alla vigilia della sfida tra Catania e Licata abbiamo intervistato in esclusiva l’unico licatese presente nella rosa gialloblù, Alessandro Cappello, difensore classe 1998 che non sarà della sfida a causa di un brutto infortunio muscolare procuratosi circa due settimane fa contro il Castrovillari. “Sono passati 11 giorni dall’infortunio e sono nella fase di ripresa, anche se devo fare altre visite di controllo per ottimizzare i tempi. Non abbiamo fretta di recuperare, l’importante è tornare con l’infortunio alle spalle al 100%, senza rischiare ricadute”.
La realtà Licata, gli obiettivi personali e di squadra, oltre alle sue impressioni sulla sfida di domenica e alcuni aneddoti del passato in Serie C con l’Akragas: Alessandro Cappello si racconta a seried24.com.
Partendo dalla sfida di domenica, il Licata si sta preparando ad affrontare il Catania nella sfida più difficile della stagione. Presente “in borghese” ai vari allenamenti per via dell’infortunio, Alessandro Cappello però non ha dubbi: “Vedo una squadra concentrata, il mister è bravo a tenere alta la tensione. Da martedì i ragazzi stanno lavorando al meglio per preparare una sfida che non capita spesso di poter giocare. Ho un po’ di amarezza per non esserci, ma il calcio è fatto anche di questi episodi. Sarò lì a sostenere i miei compagni, dispiace non poter aiutare la squadra”.
Il Licata arriva alla partita da quarta in classifica: traguardo impronosticabile se pensiamo che dopo tre giornate, la squadra era ferma a zero punti. “Non abbiamo avuto un inizio ottimo per i punti raccolti, anche se abbiamo sempre espresso un gran gioco. Siamo una sorpresa perché siamo giovani sì, ma di qualità. La forza del gruppo è l’unione, sia dentro che fuori dal campo. I pochi over siamo bravi a dare tanta forza mentale agli under, perché per alcuni è il primo anno in Serie D. I ragazzi si sono calati subito bene nella realtà licatese”.
Ma a questo punto, dove può arrivare il Licata? “Il presidente ha ragione a dire che non ci poniamo limiti. Stiamo facendo bene, quindi vogliamo fare i playoff. Ciò che però penso io è di non fissarci troppo con un obiettivo, ma pensiamo partita dopo partita. Siamo giovani, giusto non porsi limiti, ma stando con i piedi per terra. L’obiettivo è ancora la salvezza, stiamo sereni e poi vediamo che succede”.
La particolarità di Alessandro Cappello è quella di essere l’unico licatese nella rosa del Licata. Una maglia che indossa ormai da tre anni consecutivi (più altri due prima della parentesi a Ragusa) e alla quale è molto legato. “Sicuramente questa è una maglia storica, ma non sono l’unico che ha vestito per tanti anni la maglia del Licata. Anche Federico Valenti è un licatese d’adozione e mi ha aiutato, ma i ragazzi hanno da subito capito l’importanza della maglia e non c’è stato bisogno dire nulla. Abbiamo una fortuna nello spogliatoio: ci vogliamo tutti bene”.
Grintoso, passionale e di grande furore agonistico. Caratteristiche che spesso lo hanno portato ad eccedere in carriera con qualche cartellino di troppo. Aspetto sul quale Cappello adesso sta lavorando. “Prima sentivo di più la gara, mi facevo trasportare di più dalle emozioni e prendevo troppi cartellini. Quando prendevo un’espulsione, prendendo 2-3 giornate di squalifica, poi ‘mi bruciava’ e riflettevo. Ormai non sono più un ragazzino e dovevo maturare sotto questo punto di vista, negli ultimi anni ci sto riuscendo”.
L’allenatore del Licata, Pippo Romano, ha più volte sottolineato la duttilità del difensore gialloblù. In stagione infatti Cappello è stato impiegato da esterno a tutta fascia, da centrale difensivo e da braccetto sinistro nel 3-5-2, oltre che da terzino sinistro nella difesa a quattro. “Il mio ruolo preferito è però l’esterno a tutta fascia, mi riesco a esprimere al meglio sia in fase offensiva che in fase difensiva. Lì posso sfoderare le mie cavalcate, la specialità della casa (ride, ndr)”.
Talmente duttile che… ha giocato anche in porta: “Con ottimi risultati, sono bravo tra i pali (ride, ndr). In carriera ho avuto due episodi simili: in entrambe le occasioni il portiere è stato espulso e non c’erano più cambi, quindi sono andato io in porta. Mi è successo con la Berretti Nazionale dell’Akragas, contro il Monopoli: dopo 5’ ho procurato un rigore, l’ho segnato e nel secondo tempo – dopo l’espulsione del nostro portiere – ne ho anche parato uno (ride, ndr)”.
A proposito di Akragas, Alessandro Cappello ha esordito in Coppa Italia Serie C con la maglia agrigentina a 17 anni, nel 2015/16. “Emozione unica e inaspettata. Venivamo da una brutta sconfitta a Matera per 0-4 e giocavamo subito in infrasettimanale in Coppa Italia. Dopo l’allenamento del lunedì, Legrottaglie si avvicinò a me e mi chiese ‘te la senti di giocare mercoledì?’. Io, pensando scherzasse, risposi di essere pronto. Il martedì, durante la rifinitura, Legrottaglie distribuì le casacche per provare la formazione dell’indomani. Eravamo rimasti senza soltanto io e Ciro Capuano, ma lui andò a fare terapie e la diede a me.
Pensai comunque che stava solo ‘gestendo’ Capuano e che comunque avrebbe giocato lui. L’indomani, però, la sorpresa. Legrottaglie dopo pranzo andava subito allo stadio e scriveva subito la formazione in una lavagnetta, in modo che arrivando allo stadio, tutti potevano leggere gli 11. Con me, aggregato in prima squadra, c’era un altro ragazzo della Berretti che arrivò prima di me. Mi guardò e mi disse: ‘Complimenti Ale, fatti valere’, ma non avevo capito. Poi nello spogliatoio realizzai di giocare titolare. Vincemmo 2-0 contro il Catanzaro”, ha concluso Cappello.
Dopo quella partita, Cappello giocò anche contro il Foggia di Iemmello, Floriano e Vacca, ma non riuscì più a trovare continuità nella categoria. Da lì torno prima in Eccellenza e da qualche anno ormai in Serie D, dove sta provando a imporsi, ma senza porsi limiti. “Personalmente non mi pongo limiti, proverò ad arrivare più in alto possibile. Non bisogna smettere mai di sognare, a prescindere dall’età, perché non ha senso continuare. Tanti sono arrivati in A dopo i 30 anni, quindi perché non sognare? Continuerò a lavorare con grande spirito di sacrificio. Scherzando, con gli amici, spesso mi dicono che mi aspettano al Mondiale del 2030 (ride, ndr)”.
A cura di Domenico Cannizzaro