Mavillo Gheller: “Diamo tempo ai giovani. Vitor Barreto? ‘Il Niño d’oro’…”
“Oggi alleno e fungo da supervisore. Che avventure con Barreto, lo chiamavamo ‘Il Niño d’oro’. Bruno Fernandes aveva qualità, ma senza quell’allenatore chissà che strada avrebbe preso”. Schietto e aperto Mavillo Gheller, ex giocatore, tra le altre, di Varese e Novara dove è stato anche protagonista della storica cavalcata in Serie A. Ci racconta della sua carriera, di chi lo ha messo più in difficoltà da giocatore, di chi lo ha impressionato di più (“sembrava non toccasse terra”) e del suo futuro.
Gheller: “Novara? De Salvo ambizioso, il terzo anno la svolta”
La carta d’identità recita 3 agosto 1975. Mavillo Gheller nasce a Busto Arsizio. Il calcio è la sua vera passione. Tante le casacche indossate. Ma quando c’è di mezzo il Novara…“Sono stato quattro anni. Il Presidente De Salvo era un tipo ambizioso, con progetti seri. Ha dato seguito alle parole, su tutte penso alla realizzazione di Novarello”. La squadra c’è, le ambizioni anche. Ma qualcosa non torna. “Nei primi due anni, nonostante l’organico decisamente importate, non raggiungiamo nemmeno i playoff. Sono state le annate più dure”. Ma il tempo è galantuomo, restituisce tutto a tutti. “Il terzo anno la svolta. Ci sono stati diversi cambi in dirigenza. Noi calciatori restammo in pochi. Una rivoluzione che fece accendere una scintilla. Una scintilla che ha permesso al Novara di salire dalla C alla Serie A”.
“Vi dico l’avversario che mi ha messo più in difficoltà. Su Barreto…”
Dalle vittorie sul campo ai duelli con gli avversari. “Calciatore più difficile da affrontare? Ti dico Mandelli del Modena – oggi allenatore della Primavera gialloblu – , ci ho giocato contro più volte quando ero in C1 con il Varese. Mi ha messo spesso in difficoltà. Compagni di squadra? Credo che Paulo Vitor Barreto sia stato il ragazzo che più mi ha impressionato. Io ero al Treviso, lui era stato prelevato dalla Primavera. Da fuori si vedeva un ragazzo gracile, timido. Arrivato da una nazione lontana come il Brasile. Ma sul campo ha dimostrato tutte le sue qualità. Se il Treviso è andato in Serie A, credo che i meriti vadano giustamente assegnati anche a lui. Perché ‘Il Niño d’oro’? Quando correva sembrava che non toccasse terra”.
Mavillo Gheller, ecco il Sedriano: “Puntiamo sul lavoro”
Dal Mavillo Gheller calciatore ad allenatore. E supervisore. Quante cose sono cambiate? “Quando ho smesso di giocare ho accumulato diverse esperienze. Lo scorso anno ho allenato la Juniores del Novara, poi ho lasciato perché non ho trovato quella programmazione che cercavo”. Mavillo si prende quindi una pausa. Breve. Anche perché non si può perdere tempo. Quello stesso tempo che, nel calcio giovanile, interpreta un ruolo da protagonista. Ma su questo ci torniamo più tardi.
“Ho deciso di accettare la proposta del Sedriano. Ho deciso di rispondere positivamente alla chiamata del presidente, nonché mio amico, Francesco Cardamone. Con lui, tra l’altro, ho giocato a Pistoia”. Una nuova isola felice. ”E’ una società situata in una zona di Milano. Sta investendo tanto in strutture e non solo. Il mio ruolo adesso è allenatore della prima squadra e, nel frattempo, fungo da supervisore del settore giovanile. Qualcuno da tenere d’occhio? Ci sono alcuni ragazzi del 2010 che quest’anno sono andati al Milan. Tanti sono invidiati da alcune società. Puntiamo sul lavoro e l’ambiente che abbiamo creato all’esterno”.
La visita al Benfica e l’aneddoto su Bruno Fernandes: “Senza di lui chissà dove sarebbe ora?”
Ma torniamo al concetto di ‘tempo‘. In un calcio sempre più moderno, veloce. In un calcio che non sa più pazientare, a risentirne sono sempre più spesso i giovani. “Di recente, proprio grazie al Sedriano, abbiamo fatto visita al centro sportivo del Benfica. Cosa dire…sono molto più avanti. – afferma un Mavillo decisamente pensieroso – . In Italia credo manchino le strutture. Non è possibile che alcune squadre dilettantistiche siano più attrezzate di certi club professionistici”. E poi il tempo, sempre il tempo che ritorna raccontando un aneddoto sull’attuale capitano del Manchester United incrociato ai tempi del Novara. “Non eccelleva nelle doti fisiche, eppure aveva delle qualità. Bruno è stato aggregato nell’ultima parte di campionato in prima squadra, quando Gattuso decise di portarlo con sé. Se il mister non fosse mai andato in prima, la strada di Bruno avrebbe preso lo stesso percorso che – ad oggi – lo ha portato ad essere quel campione che tutti conosciamo?”
“Penso che ogni giocatore maturi alla propria maniera. Non è detto che se un 19enne non si è affermato, vuol dire che ‘sia finito’. Evidentemente ha bisogno di più tempo per migliorare. E’ necessario aspettare i giocatori, migliorare le strutture e, secondo me, avere degli allenatore adeguati. E per fare ciò bisogna investire”.