Miroslav Mihajlovic: “Allenare mi fa sentire più vicino a mio padre”

Sabato per la famiglia Mihajlovic, ma anche per tutti gli appassionati di calcio, non sarà una giornata come tutte le altre. Il 16 dicembre infatti sarà l’anniversario della morte di Sinisa Mihajlovic. Il figlio Miroslav, anche lui allenatore, ma tra i dilettanti, si è raccontato ai microfoni del Resto del Carlino. Dalle sue esperienze personali a questo primo anno senza papà Sinisa.

Come detto infatti seppur a soli 23 anni Miroslav allena già. A Roma è l’allenatore dei ragazzi dell’Urbetevevere, una società dilettantistica la cui prima squadra milita in Promozione. “Faccio l’allenatore come lui, è un modo per sentirlo vicino. Andare al campo mi ha aiutato e mi aiuta molto“.

Miroslav Mihajlovic: “Papà mi ha lasciato un insegnamento: fai quello che ti piace, fallo al 100%, anche oltre l’impossibile”

Ad un anno dalla tragica scomparsa del padre Sinisa, Miroslav Mihajlovic ha parlato, ai microfoni del Resto Del Carlino, di come allenare per lui sia inevitabilmente qualcosa di speciale e che lo sta aiutando a sentire il padre sempre vicino. “È stato un anno difficile ma andare al campo mi ha aiutato e mi aiuta molto, perché mi dà modo di staccare e allo stesso tempo di rimanere legato a lui, di tenerlo vicino. Papà mi ha insegnato a seguire le mie passioni. So di avere un cognome pesantissimo e so che sarà sempre così. Ma non mi importa, perché amo questo lavoro. Ho provato anche la strada da calciatore, sono arrivato fino alla Primavera della Samp, poi ho capito che non faceva per me. Essere ‘figlio di’ mi pesava molto in quel contesto. Soprattutto in Italia è molto difficile gestire questa eredità, la gente parla tanto: se non giochi è perché sei scarso; se giochi invece, sei raccomandato. Devi lavorare il doppio degli altri. Ammiro Chiesa e Maldini che, nonostante il paragone con i genitori, sono arrivati in alto. Io vado avanti come Miro“.

Da figlio di un uomo ricco di valori come Sinisa Mihajlovic, Miroslav si sofferma anche sui principi e sugli insegnamenti che gli ha lasciato il padre. “Mi ha lasciato il suo coraggio e i suoi valori, come la lealtà, il rispetto, la sincerità: valori che nel calcio si stanno perdendo. Poi un insegnamento: fai quello che ti piace e fallo al cento per cento, anche oltre l’impossibile. Come padre non era severo come in campo. Vivere la guerra e la fuga da casa l’hanno forgiato. I problemi ti cambiano, diventi un altro, ora me ne sono reso conto. La sua durezza era una scorza che si è dovuto creare per andare avanti. Papà dentro era buonissimo, il migliore di tutti. Poi, certo, metteva un po’ di soggezione anche a me“.

“Domenica io sarò in campo con l’under 15. Mio padre avrebbe voluto così”

Parlando del carattere di suo padre Miroslav ricorda che durante la malattia Sinisa non voleva smettere di allenare. “Era impossibile convincerlo a smettere: lui voleva continuare. Il calcio era la sua vita. Era anche un modo per staccare la testa. Una settimana prima di morire, abbiamo fatto dieci chilometri di camminata, io e lui, sotto la pioggia. Quando è iniziato a diluviare ha detto: aspettiamo finisca e ripartiamo. Era magrissimo, tutti al posto suo sarebbero rimasti a letto. Lui, no, era un leone in gabbia. Era un testardo, ma nel modo giusto. Camminava quasi tutti i giorni“.

Riguardo invece al momento della morte del padre, ormai un anno fa, Miroslav ricorda il dolore suo e di tutta la sua famiglia. “Eravamo pronti alla cosa, ma quando arriva quel momento, è dura. Ci scrivevano e ci chiamavano tutti, mentre magari in quel momento tu vorresti solo sparire. Ma ringrazio i tifosi e chi ci è stato vicino. Noi cerchiamo di parlarne poco, perché quando lo fai, fa male. Se ci pensi troppo, diventa complicato. Ma essendo papà un personaggio pubblico, non è facile”. Infine Miroslav chiude parlando delle iniziative che si terranno in memoria di suo padre. “Mia madre domenica sarà al Dall’Ara per Bologna-Roma, invitata dal club, mentre i miei fratelli saranno all’Olimpico per Lazio-Inter. Io invece sarò in campo con l’Under 15 dell’Urbetevere. Devo esserci, è il mio lavoro: così avrebbe voluto mio padre“.

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