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Fabio Moro: “Che favola quel Chievo. Ricordo bene la bolgia di Belgrado..”

Fabio Moro

Originario di Bassano del Grappa, veneto DOC e con un bagaglio ricco di storie e aneddoti particolari. Fabio Moro è un mix di emozioni e nostalgia. Con la maglia del Chievo giocherà per ben 10 stagioni, scrivendo pagine indelebili della storia del club. In esclusiva per SerieD24.com si racconta.

La Primavera del Milan e l’atmosfera della prima squadra

Dal 1992 al 1994, Fabio Moro diventa un calciatore della Primavera del Milan: “E’ stata un’esperienza molto produttiva perché è un’età dove inizi a capire che le cose diventano importanti. Ho trovato l’ambiente giusto per crescere. Il settore giovanile del Milan è sicuramente uno dei migliori. Con la prima squadra sono stato fortunato perché ho vissuto un periodo dove i rossoneri erano ai vertici del mondo. Ho visto allenarsi campioni con la quale c’era sempre un rapporto umano“.

La C1 Con il Ravenna

Poi il salto nel professionismo, in Serie C1 con il Ravenna. In quella squadra c’erano calciatori del calibro di Luca Pellegrini, Antonio Buscè, Max Tonetto, William Viali e Lamberto Zauli: “Quella è stata la mia prima esperienza tra i professionisti. Era una società solida che vedeva personaggi di spessore come Rino Foschi e Giuseppe Marotta. Avevamo una squadra importante che cercava di vincere il campionato, anche se di fronte aveva il Bologna di Ulivieri che era di un altro livello”.

Il primo gol tra i professionisti

A Ravenna, Fabio Moro segna il suo primo gol tra i professionisti. Era un match casalingo contro la Carrarese terminato 1-1: “Impossibile dimenticare perché è stata la mia prima presenza in Serie C e ho esordito con gol. Ricordo benissimo l’azione: palla inattiva, Zauli andò a saltare sul primo palo e io arrivai a chiudere la traiettoria in tuffo di testa”.

La chiamata della Serie A

L’anno di Ravenna è valso la chiamata del Torino in Serie A. Poche presenze, ma bei ricordi: “Torino è ancora nel mio cuore, anche perché lì ho conosciuto mia moglie. Ho esordito in Serie A a 20 anni nel 1995, ed è stata una bellissima esperienza. Purtroppo non è andata molto bene perché alla settima giornata giocavo titolare e mi sono rotto il ginocchio”.

La tappa di Salerno

Dopo Torino, Fabio Moro vola a Salerno per vestire la maglia della Salernitana: “E’ stato un periodo difficoltoso perché arrivavo da un grave infortunio. Il mio primo anno a Salerno è stato un po’ pieno di buche, nel senso che ho avuto delle ricadute e altri infortuni. La città è bellissima, gente molto calorosa, anche se a volte non è semplice giocare in certe piazze, soprattutto se parti con l’obiettivo di vincere il campionato e poi ti salvi alla penultima giornata”.

Di nuovo verso Nord per Monza

Da Salerno a Monza nel giro di poco tempo: “Il Monza è sempre stato un gioiello. Per i ragazzi che devono crescere c’è un ambiente equilibrato e sereno che ti permette di fare calcio ad alti livelli. Ha un centro sportivo importante, ma già all’epoca era molto bello. Ha avuto qualche problema societario qualche anno fa, ma con l’ingresso di Berlusconi e Galliani è cambiato il vento. Non è un caso che siano arrivati lì oggi”.

Chievo: la “favola” che ha fatto innamorare l’Italia

Nel 2000, Moro inizia il suo meraviglioso percorso con il Chievo Verona: “Tutto nasce da una società con delle idee dove ognuno sapeva bene cosa doveva fare. C’era un talento a livello dirigenziale come Giovanni Sartori. Poi si è incastrato un po’ tutto, perché all’epoca la società era solida e non facevamo mai il passo più lungo della gamba.

Quel Chievo è nato dalla programmazione. L’esplosione, secondo me, è dovuta al fatto che c’era un gruppo di calciatori magari semi sconosciuti o reduci da qualche delusione, ma che però alla fine si sono rivelati preziosi. Inoltre, avevamo un allenatore che aveva tracciato la strada con idee nuove e all’avanguardia. Questo mix di cose ha permesso sì che il Chievo facesse quello che ha fatto.

La cosa più importante è che dopo ha dato continuità. Sono stati 17-18 anni in Serie A. Io ho avuto la fortuna di farne undici da calciatore e di vivere la favola con promozione, Coppa UEFA e preliminari di Champions League. Ero nel posto giusto al momento giusto”.

La “favola” esportata anche in Europa

Il Chievo fece parlare di sé anche in Coppa UEFA contro la Stella Rossa: “Belgrado è stata la prima partita in Coppa UEFA. Facemmo 0-0 sbagliando anche un calcio di rigore. La prima volta fu emozionante. La Stella Rossa ci aspettava col coltello tra i denti, infatti il clima era molto acceso. Fa tutto parte di un bagaglio personale di esperienza che aiuta a crescere e a migliorarti come gruppo e come singolo giocatore”.

Il preliminare contro il Levski Sofia

Il Chievo di Moro assaporò anche l’atmosfera della Champions League nel preliminare contro i bulgari del Levski Sofia: “Affascinante. Fu un’annata un po’ disgraziata. Avevamo saputo all’ultimo di questa introduzione dei preliminari e mi ricordo che eravamo in preparazione a abbiamo dovuto cambiarla perché nel giro di poco tempo saremo andati a giocare. Purtroppo non eravamo pronti, perché ci furono parecchi infortuni a livello muscolare forse dovuti al cambio di preparazione. Questo ha complicato un po’ il nostro cammino e la nostra stagione”.

Il segreto di quel gruppo

Moro ha avuto modo di conoscere tanti calciatori di spessore come ad esempio Sergio Pellisier: “Difficile fare un solo nome perché in quegli anni la squadra era piena di grandi giocatori. Se io penso alla formazione del Chievo nei primi anni in Serie A era qualcosa di incredibile. Se devo spendere due nomi, però, dico Simone Perrotta ed Eugenio Corini che rappresentava il nostro faro. Uniti eravamo tutti importanti, e la nostra forza era proprio quella”.

La figura di Giovanni Sartori

All’epoca, c’era Giovanni Sartori che ad oggi è considerato uno dei migliori nel suo ruolo: “Ognuno sapeva cosa doveva fare. Per noi il primo riferimento dopo il presidente era Sartori. Era molto abile nella scelta dei calciatori sia a livello tecnico che umano. Quando vedi lavorare un personaggio di quel calibro c’è solo da imparare e provare a portargli via qualche segreto. Tutti sapevano dov’erano i confini, ci vuole grande rispetto per i ruoli. Lui era anche bravo a fartelo capire subito”.

Il ritiro dal calcio e la voglia di allenare

Dopo il ritiro, Fabio Moro decide di restare al Chievo per iniziare a percorre la strada dell’allenatore. Nel 2013 con gli Allievi e successivamente nello staff di Corini: “Da quando è arrivato Corini ho sempre fatto il collaboratore tecnico. Ho avuto la fortuna di vivere a 360 gradi una società, nel senso che oltre ad essere stato collaboratore e allenatore nel settore giovanile, ho fatto anche il team manager, il responsabile dell’attività di base e responsabile tecnico di tutto il vivaio.

Ho avuto la possibilità di capire tutte le varie sfaccettature di un club, e la cosa importante è che tutti i ruoli mi hanno dato qualcosa per capire e migliorare. Non esiste solo il campo, la tecnica o l’organizzazione. Gestire più situazioni mi ha permesso di migliorare sotto tutti i punti di vista“.

Il ruolo di vice allenatore

Fabio Moro è stato vice allenatore a Sona e, oggi, vice di Federico Coppola al Montecchio Maggiore: Mi è stato proposto di fare il vice e ho accettato volentieri. Nel mio futuro, però, voglio cercare di allenare per conto mio. Ho accettato l’incarico perché penso di essere in grado di capire cosa devo fare o meno. Sono venuto a Montecchio per cercare di dare il mio contributo e spero che riusciamo a centrare i nostri obiettivi al termine della stagione”.

Una battuta finale sulla Clivense

Uno sguardo anche alla Clivense, sua ex squadra orchestrata anche da Pellissier: Quello della Clivense è un progetto ambizioso. Sono lì per vincere il campionato e faccio loro un grosso in bocca al lupo. E’ chiaro che quando affronti un’avventura così le difficoltà le scopri strada facendo. Adesso stanno facendo bene e sono in linea con gli obiettivi che si erano prefissati a inizio stagione”.

Intervista a cura di Gerardo Guariglia