Il suo soprannome è “Harley Davidson“. Gli venne dato ai tempi della Reggiana. Michele Padovano era l’attaccante che piaceva a tutti, società e tifosi in primis. Centravanti rapido nel calciare, mancino, dotato di un ottimo tiro. Intuitivo, spesso decisivo anche a partita in corso.
Da Asti a Como, passando per Cosenza, Reggiana e l’indimenticabile esperienza alla Juventus dove ha praticamente vinto tutto dal 1995 al 1997. Quando Luciano Moggi lo chiamò fece fatica a crederci, tant’è che riattaccò il telefono credendo che fosse uno scherzo. Invece no, era tutto vero, e la storia ha poi parlato: 2 Supercoppe Italiane, 1 Scudetto, 1 Champions League, 1 Coppa Intercontinentale e 1 Supercoppa Europea, oltre che diversi gol pesanti e decisivi.
Tutto ebbe inizio con l’Asti in Serie C2. Padovano per la prima volta esordì nel mondo del professionismo: “Avrei potuto esordire prima, però c’era l’allenatore che non mi vedeva e mi mandò a giocare con la Beretti. Dovetti aspettare che retrocessero. L’anno successivo tutti puntavano su di me perché avevano capito che avevo delle qualità, e esordii l’anno dopo in C2 con ottimi risultati”.
Nel 1986 ecco la chiamata del Cosenza di Gianni Di Marzio. Lì arrivò la promozione dalla Serie C1 alla Serie B, un traguardo atteso da oltre vent’anni e che vide quella squadra sfiorare addirittura la promozione nella massima serie: “Ricordi magnifici paragonabili alla vittoria della Champions. Ancora oggi mi sento con qualche calciatore dell’epoca e ricordiamo sempre quei ricordi. Non andammo in Serie A per quella maledetta classifica avulsa, però comunque sono rimasti degli ottimi ricordi che mi hanno fatto crescere sia come professionista che come uomo”.
Dopo Cosenza, Padovano viene ingaggiato dal Pisa e assapora l’esordio della Serie A realizzando prontamente 11 reti in 30 partite disputate: “Un grande presidente. Era una persona della quale posso solamente parlarne bene. Ho un ottimo ricordo suo e della sua famiglia. Puntò tutto su di me all’inizio dicendo che secondo lui io potevo arrivare molto lontano, e infatti i risultati gli hanno dato ragione”.
A Napoli per la prima volta Padovano assapora l’importanza del vestire una maglia prestigiosa e importante: “E’ stata un’annata un pò particolare che mi ha un pò fermato per via di un infortunio abbastanza grave come la pubalgia. Dopo di che c’era Bruno Giorgi che avevo avuto già a Cosenza che andò a Genova, e qualche mese prima mi disse che il prossimo anno lo avrei seguito proprio a Genova. A Napoli non avevo tanto spazio con Ranieri perché sapevo che lui stava cercando Fonseca e quindi preferii andare a giocare dove c’era un allenatore che mi stimava molto”.
Nel 1993-94 ecco la Reggiana, con in mezzo un prestito poco produttivo al Genoa prima di ritornare di nuovo in amaranto nel 1994-95: “Ricordo eccezionale perché a Reggio Emilia riuscimmo a salvarci, e credo che la salvezza in Serie A equivalga a uno scudetto vinto da un’altra parte perché ne passeranno anni prima che potrà succedere una roba del genere. Facemmo un’annata importante dove io misi a segno 20 gol, quasi tutti decisivi. Ottimo ricordo sia della società che della città e della squadra”.
Dopo essersi messo in mostra tecnicamente, Padovano viene acquistato dalla Juventus di Marcello Lippi. In bianconero gli anni migliori della sua carriera: “Ricordo che mi chiamò Luciano Moggi, ma alla prima telefonata non credetti che fosse lui veramente e misi giù il telefono. Mi richiamò dicendo che la terza telefonata non l’avrebbe più fatta dicendo che mi aspettava il giorno successivo in sede perché avevano forte intenzione di portarmi alla Juventus. Con la Reggiana feci due grandi partite contro di loro, ma non venni acquistato solamente per quello perché Moggi con la conoscenza del calcio che aveva mi mi fece seguire da molti anni. L’esperienza più bella a livello personale perché ho vinto tutto quello che c’era da vincere. Sono stato fortunato perché sono capitato in un una squadra che era già rodata e l’inserimento è stato più facile”.
Con la Juventus 12 gol, ma alcuni molto pesanti come quelli al Real Madrid, il rigore messo a segno nella finale di Roma contro l’Ajax e la doppietta in Supercoppa Europea contro il PSG: “Tutti i miei gol me li ricordo con grande piacere. Quando non me li ricordo io ci pensano i tifosi bianconeri che ancora oggi mi menzionano e si ricordano di me. Questo è un motivo d’orgoglio. Quando vado in giro sia in Italia che nel mondo il tifoso della Juventus si ricorda sempre con grande piacere di me. I gol più importanti sono quelli citati nella domanda, ma ricordo bene anche la doppietta alla Lazio. Roma era uno stadio che mi portava bene, però devo dire che mi sono tolto grandi soddisfazioni con la Juventus”.
Dopo la Juventus, ecco le prime esperienze all’estero. Si vola a Londra per vestire la maglia del Crystal Palace di Attilio Lombardo: “L’esperienza in Inghilterra io l’avevo cercata perché avevo più voglia di fare un’esperienza all’estero, imparare una lingua, cercare culture diverse. Preferii Londra perché c’erano già Vialli che conoscevo bene per il nostro passato alla Juventus, Lombardo e Zola che ho conosciuto a Napoli. Era una città che offriva molto. Purtroppo non presi i soldi che dovevo prendere per questioni societarie, ma è stata comunque una bellissima esperienza dettata anche dalla possibilità di guadagnare bene“.
Dopo l’Inghilterra, Padovano volta in Francia per vestire la maglia del Metz nel 1999-00: “Dopo Londra sono andato a Metz in Francia dove ho trovato un presidente che sento ancora oggi che è Molinari, una persona meravigliosa perché nonostante io mi sono infortunato tanto non sono riuscito a giocare quanto avrei voluto e dovuto perché chiaramente loro erano molto contenti di me. Ero partito molto bene, poi purtroppo gli infortuni mi hanno veramente lasciato fuori. Il crociato, poi la tibia, il perone e tanti altri”.
Ritornato in Italia, Padovano decide di chiudere la carriera in quel di Como: “Andare a Como è stata una mia scelta per cercare di riprendermi dagli infortuni gravi che ho avuto. Volevo essere io a decidere quando smettere e non gli infortuni, anche se quelli che ho subito sono stati abbastanza determinanti perché erano quasi tutti seri. Ho ripreso, ma con la testa e fisicamente non c’ero più e ho deciso di smettere a 35 anni. Qualche anno in più lo avrei potuto fare, però se non c’è più la voglia di allenarsi e di fare sacrifici è meglio lasciar perdere”.
Dopo una carriera da calciatore, ecco quella manageriale. Nel 2002 con la Reggiana, poi Torino nel 2005, nel 2006 Alessandria, 2010 Pro Patria e infine 2021 con il Casale in Serie D: “Ho individuato nell’area tecnica quel settore che mi compete di più. Ho fatto alcune esperienze nella Reggiana, nel Genoa, nel Torino e tante altre. L’ultima è stata a Casale dove c’erano grandi presupposti, però secondo me il calcio si deve fare in maniera seria. Deve mantenere quello che promette. Se c’è questo si possono fare delle ottime cose, e il Verona e l’Atalanta insegnano, due società che vanno seguite e copiate perché quelle sono gestioni vincenti sia per risultati sportivi sul campo che per la proprietà che sicuramente possono portare dei profitti nelle loro tasche”.
Il futuro di Padovano è ancora tutto da scrivere, ma l’ex attaccante della Juventus mette in chiaro degli aspetti: “In questo momento non ho avuto nessuna offerta. Sono alla finestra, spero che qualcosa salti fuori con un progetto interessante dove ci sia la solidità economica e la serietà, perché credo che siano le due cose che possono portare a qualsiasi raggiungimento di un obiettivo. In questo momento non posso dire di aver avuto delle offerte, sono soltanto parole. Le offerte sono già un passo successivo che mi auguro avvenga quanto prima”.
Intervista a cura di Gerardo Guariglia