Stefano Sorrentino: “Quel torneo mi ha cambiato la vita”
E chi lo dice che a quarant’anni si debba smettere di giocare a calcio? Lo sa bene Zlatan Ibrahimović, ma ancor di più Stefano Sorrentino che, oltre a non abbandonare il calcio, decide di cambiare ruolo e si improvvisa attaccante.
Tutti conoscono la storia di Sorrentino, il suo passato da campione tra i pali del Chievo ma poco si sa della sua storia post Serie A.
Sorrentino, dalla serie A, passando dalla D, fino alla Seconda Categoria
Dopo la fine del contratto con il Chievo Verona, avvenuta nel giugno 2019, Sorrentino si allena per circa quattro mesi con il Chieri, squadra torinese che milita in Serie D, vista la vicinanza da casa.
Nel gennaio dell’anno dopo, inizia la sua scommessa: giocare da attaccante al Cervo, squadra ligure in Seconda Categoria, allenata dal padre Roberto.
La sua avventura si conclude con l’avvento del Covid19 ma i numeri parlano da soli: tre partite, tre assist ed un gol.
Con il Cervo per Stefano arriva quindi il primo gol in carriera, definita da lui “la ciliegina sulla torta“, un gol di testa al 90° minuto che regala al club ligure una vittoria in rimonta.
Il rapporto con i compagni del Cervo, “sono stato battezzato dal capitano“
Abitando a Torino Stefano scende in Liguria il venerdì per l’allenamento e, in occasione del primo, racconta di essere stato battezzato da Mario Stabile, l’allora capitano del Cervo. Stabile aveva promesso alla squadra e al presidente Denis Muca che se Sorrentino fosse davvero andato a giocare con loro, gli avrebbe personalmente allacciato le scarpe, e così fatto. Stefano ricorda il Cervo come una grande società, molto organizzata e confessa che dopo più di due anni, è ancora in contatto con il gruppo.
Sorrentino e la piccola parentesi alla Torinese
Dopo il Cervo, nella vita di Stefano Sorrentino arriva la Torinese e quindi, la Promozione. Inizialmente preso come dirigente, viene poi tesserato ed anche qui riesce a segnare una rete, seppur giocando per pochi minuti.
“Stefano, tornassi indietro penseresti ad un futuro da attaccante?“
“Da piccolo giocavo attaccante e, nel periodo di Pasqua, ho fatto un torneo ma mancavano i portieri. L’allenatore mi disse di andare in porta, perchè mio papà era un portiere e qualcosa mi doveva aver trasmesso. In quel torneo vinsi Miglior Portiere e da lì, sono rimasto in porta“.
Gloria Cusin