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“La scuola italiana non aiuta gli atleti: così dalla D vado negli USA”: l’MLS Dream di Riccardo Scarafia

Credit: San Jose State University

Milano, mezza estate. È un sogno, ma non è notte. Riccardo Scarafia il suo American Dream lo vive ad occhi aperti. Sorride, deciso. Alle sue spalle le architetture moderne di Piazza Gae Aulenti lo proiettano già nel futuro. Quale futuro? Gli USA. Scarafia, ala d’attacco classe 2003 e talento emergente – rookie, per dirla alla americana – della scorsa Serie D con la maglia del Fossano (36 presenze, 6 gol e 7 assist), ha scelto di giocare nel campionato dei college statunitensi e racconta il suo percorso in un’intervista a SerieD24.com.

Gli inizi di Scarafia

“Sono nato a Cuneo ma ho doppia cittadinanza: i miei genitori sono argentini”. Il padre Roberto – ex cestista professionista – siede di fronte a Riccardo. Sul tavolino del bar, giusto due spremute d’arancia, senza zucchero ovviamente. Scarafia senior guarda orgoglioso suo figlio, e aggiunge in un italiano perfetto (l’inflessione latinoamericana è sullo sfondo, piacevole e leggera): “Sono laureato in Economia Aziendale, in Argentina gestivo una società di consulenza. Con mia moglie siamo venuti in Italia vent’anni fa perché ero stufo di pagare tasse per mantenere gente che non lavorava. Poi avevo già origini piemontesi: mio papà era di Cuneo ed era emigrato in Argentina per la guerra. Siamo tornati alle origini, in pratica”. Famiglia, radici, orgoglio. Parole chiave. Guardare indietro, ma anche e soprattutto in avanti.

L’esperienza a Fossano

Riccardo racconta già con la mente da “americano”: “In Italia non mi sono mai trovato bene per come è vissuto il rapporto tra sport e studio. Alle superiori mi è capitato di avere trasferte lunghe, come quelle in Sardegna, nel weekend e poi al lunedì ero interrogato, o avevo verifiche. La scuola non mi ha aiutato, studiavo in pullman con i libri sulle gambe, o in albergo. Capitava di doversi svegliare alle cinque del mattino per finire di studiare tutto, o di saltare i mercoledì o i sabati per giocare le partite in D: i prof non sono venuti incontro a queste esigenze, e alcuni anzi hanno fissavano di proposito verifiche e interrogazioni su quei giorni”.

“Detto ciò, la Serie D mi ha insegnato tanto: capisci cos’è il ‘mondo dei grandi’, il lavoro vero allenamento dopo allenamento, il ritmo di gioco e la tensione di uno spogliatoio che fatica a vincere”. Ma alla fine tutto è bene quel che finisce bene: “Ci siamo salvati ai play-out”. E la scuola? “Sono uscito dal Liceo Scientifico a indirizzo Sportivo con il mio 78. Ora sono carico per questa nuova avventura in America”.

LND

L’arrivo in America

Per numeri, prestazioni e prospettiva avrebbe potuto puntare al professionismo in Italia, ma Riccardo è un ragazzo con le idee chiare: “Avevo già deciso di andare all’estero: quando si è presentata l’opportunità degli Stati Uniti ho accettato volentieri. Sono stato visionato da vari coach in giro per l’America e alla fine ho scelto San José, California, con una borsa di studio da trentamila euro l’anno”.

“La cosa bella del mondo dei college è che calcio e studio convivono e vanno di pari passo: se vai male a scuola, poi non giochi la domenica, o magari rischi anche di perdere la borsa di studio. Inoltre, per un professore, che tu sia uno studente-atleta che porta in alto il nome della scuola è un motivo di onore, e quindi ti aiuterà. Sono rimasto molto colpito anche dalla professionalità e dall’organizzazione dello staff della società: abbiamo l’head coach e due assistenti, di cui uno si occupa del recruitment. E poi le strutture sono fantastiche”.

Ad un certo punto gli occhi di Riccardo si illuminano: “Quest’anno, se dovessi fare bene, potrei essere eleggibile al draft”. Come nell’NBA, anche in MLS i migliori talenti del soccer dei college vengono scelti e acquistati dai club. “Ci sono tante squadre forti, giovani e competitive: il sogno sarebbe arrivare alle finals, che saranno trasmesse da ESPN in diretta internazionale. Sarebbe una bellissima vetrina anche in vista del draft”. Intanto, un mattoncino Scarafia l’ha già messo a terra: poche settimane fa è arrivato il primo gol ‘americano’, con il suo destro a rientrare partendo dalla sinistra. Piatto forte della casa, welcome to the USA.

Ambizioso, deciso, convinto. Ha diciannove anni, ma da come parla ne dimostra molti di più. Punta in alto, sogna in grande, ma senza voli pindarici. “L’ambizione ti guida, ma devi essere bravo a restare con i piedi per terra”, ricorda saggiamente papà Roberto. E allora, è bene pensare anche a un piano parallelo al calcio, ma non alternativo: “Mentre gioco e punto all’MLS, voglio costruirmi anche una strada da imprenditore: per questo ho deciso di andare a studiare Business Administration e Entrepreneurship in Silicon Valley. Mi piace molto il mondo degli investimenti, lavorerò per generarmi il capitale da cui partire”. Parole di un ragazzo del 2003. Non si direbbe, probabilmente. Ma Riccardo è così e ora in USA segna, sogna e punta al draft.

A cura di Luca Bendoni