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D’Alessandro, dalle luci di San Siro all’amore per l’Atletico Ascoli: “Ho dovuto combattere contro me stesso”

Matteo D'Alessandro

L’intervista di Seried24.com al capitano dell’Atletico Ascoli Matteo D’Alessandro

A 35 anni sto vivendo qualcosa di magico, oltre ogni mia aspettativa. Voglio mantenere i piedi per terra, ma allo stesso tempo amo sognare”. In un calcio dove le luci splendenti dei grandi palcoscenici sembrano stordire anche i più audaci, le parole di Matteo D’Alessandro emergono come un faro di umiltà e determinazione.

Il suo cammino nel mondo del calcio è un viaggio in cui si intersecano sfide tormentate e momenti da ricordare. Il suo arrivo all’Atletico Ascoli nel luglio 2023 è stata una tappa importante per la carriera del centrocampista, un ritorno alle origini per un giocatore che ha sempre creduto nelle piccole realtà: “Io guardo al posto e alle persone, non al blasone di una squadra. Non mi stancherò mai di dirlo, mi inorgoglisce essere il capitano di questo club“.

L’infanzia nella piccola e suggestiva Sondrio, l’odore dell’erba dei campi di provincia, la passione per il tanto amato pallone, la lotta contro se stesso, i sacrifici per inseguire un sogno, l’aspetto mentale, l’amore per la famiglia, per i compagni di squadra, per il mare. Quel mare che per lui, cresciuto in montagna, è uno dei tanti motivi che lo ha spinto a trovare nella Marche il suo eremo felice.

Tutto questo, si riflette nella persona di Matteo D’Alessandro, prima uomo, poi calciatore con un curriculum invidiabile, in cui è segnato col pennarello indelebile anche un’apparizione nel tempio del nostro calcio: San Siro. Tra un passato di successi e rimpianti e un futuro che profuma di sogni ancora da realizzare, il capitano dell’Atletico Ascoli si mette a nudo e si racconta ai microfoni di seried24.com.

Matteo D'Alessandro

D’Alessandro: “Essere il Capitano dell’Atletico Ascoli è un orgoglio”

Con alle spalle un bagaglio di esperienze in Serie B e C, D’Alessandro è riuscito a portare in campo una saggezza che in quarta categoria hanno solo in pochi. Tutto questo gli ha consentito di assumere il ruolo di leader dell’Atletico Ascoli. Ed è proprio da questo che parte il capitano bianconero: “Sono arrivato qui un anno e mezzo fa dal Porto d’Ascoli. Dopo che Massi ha rilevato la Sambenedettese sono state fatte altre scelte. Io mi sono trovato molto bene qui ad Ascoli e ho deciso di rimanere qui nelle Marche e sposare il progetto di questa piccola realtà. A oggi non mi stancherò mai di dirlo, mi inorgoglisce essere il capitano di questa squadra. Abbiamo una società solida e speciale alle spalle, che non ci fa mancare nulla e una struttura che ci permette di vivere in armonia gli uni con gli altri, come se fosse un College“.

Continua poi: “Si vive una quotidianità dove io a 35 anni sono tornato a essere un ragazzino, mi sembra di rivivere i tempi della Primavera. Ovviamente dico sempre che l’ambiente si presta a questo perché non hai le pressioni del pubblico. Questo è un bene per i giovani ma non nego che ogni tanto mi piacerebbe che fossimo applauditi ancora di più per quello che facciamo perché ce lo meriteremmo. Il calcio è cambiato tanto da quando ero ragazzo io. Ma qui pur essendo una quarta serie si fa calcio con dietro una cura dei dettagli, una ricerca e una preparazione che credo abbiano pochi club. C’è uno staff eccezionale e il nostro allenatore è fantastico, ho sempre detto che Seccardini non c’entra nulla con questa categoria“.

Matteo D’Alessandro sul suo passato: “Non ho rimpianti, ma il mio carattere non mi ha aiutato”

L’esperienza col Genoa di Gasperini e l’avventura in Serie B con la Reggina sono solo alcune delle tappe della carriera del classe ’89, che per un motivo o per un altro non è mai riuscita a decollare del tutto. D’Alessandro ha rimarcato il fatto di non avere rimpianti perché ha dovuto fare i conti con la battaglia più grande, quella contro se stesso: “Ognuno alla lunga si ottiene quello che si merita, e io a oggi sono molto orgoglioso di quello che ho fatto. Vengo da un paesino sperduto in mezzo alle montagne dove emergere nel calcio è stato veramente difficile. Sia io che la mia famiglia abbiamo fatto grandi sacrifici. Non ho rimpianti per come è andata la mia carriera, ma il mio carattere non ha aiutato. Ho dovuto combattere contro me stesso. Sono sempre stato un buonista in un mondo di squali, non ho retto le pressioni. Fare la Serie B in una piazza come quella di Reggio Calabria, dove dovevi giocare per vincere è stata veramente tosta per me che ero un ragazzo di 22 anni“.

E su quanto sia importante l’aspetto mentale nel mondo del calcio afferma: “Vedevo i miei compagni tremare prima delle partite. Adesso si parla tanto di quanto sia centrale la figura del Mental coach. All’epoca questa cosa non esisteva, non se ne parlava, le società non avevano a disposizione un supporto psicologico, l’aspetto mentale veniva trascurato. Magari se avessi avuto ai tempi una figura del genere al mio fianco, con gli strumenti che ci sono adesso forse la mia carriera avrebbe avuto una parabola diversa. Ma sono caduto e mi sono rialzato, mi sono fatto malissimo e mi sono rialzato, sempre con le mie gambe. Con i se e con i ma non si va da nessuna parte. Sono contento così“.

Matteo D'Alessandro

Luci a San Siro: “L’emozione più grande della mia vita. Mio padre è un cuore rossonero”

Un momento indelebile nella carriera del capitano dell’Atletico Ascoli è sicuramente la partita di Coppa Italia tra Milan e Reggina del 13 dicembre 2013, in cui D’Alessandro giocò a San Siro con la maglia amaranto: “La mia storia è molto romantica, come lo sono io. Quella partita di San Siro ne è un esempio. Con mio padre da bambino facevamo le trasferte con i pullman, mi portava sempre allo stadio. Io sono nato il 18 maggio 1989. Quel giorno il Milan giocava la finale di Champions contro lo Steaua Bucarest e mia madre entrò in travaglio. Mio padre, da vecchio cuore rossonero, si stava perdendo la mia nascita per guardare la partita”.

La gara al Meazza è stata l’emozione più grande della mia vita. Quando ho visto il mio cognome e il mio numero sul tabellone e tutta la mia famiglia e i miei amici lì a vedermi ho capito di aver realizzato un sogno. Addirittura, essendo un romantico, quando iniziò a nevicare ci vidi un segno del destino. Infatti mi sono tatuato un piccolo fiocco di neve per ricordarmi di quel momento, che è adesso è indelebile nel mio cuore e sulla pelle“.

Matteo D’Alessandro: “Se credo alla Promozione? I miei compagni mi chiamano Peter Pan, giusto che io sogni con loro”

L’Atletico Ascoli quest’anno si sta confermando come la rivelazione del girone F. I bianconeri, infatti, sono stati protagonisti di un inizio di stagione che è andato al di là di ogni aspettativa. D’Alessandro e i suoi compagni sono attualmente secondi a quota 24 punti, distanti di sole 4 lunghezze dal primo posto occupato dalla Samb. Risulta inevitabile, quindi, fare un cenno a quel sogno che inizia con la P: “Mi sembra ovvio che siamo contenti del nostro momento, del nostro percorso, soprattutto per me che l’ho vissuto fin dall’inizio. Il nostro obiettivo è di salvarci ma è bello stare lassù, come dice il mister noi non ci poniamo limiti. Non dimentichiamoci che siamo una realtà nuova, una squadra infarcita di giovani che tra l’altro mi prendono in giro e mi chiamano Peter Pan perché sono un eterno sognatore. E se mi chiamano Peter Pan è giusto sognare no?“.